Mozzarella di bufala campana

29 Ottobre 2014

 

Simbolo dell’immigrazione della gente del sud, trasportata in contenitori di polistirolo immersa nel suo liquido di governo, ha conquistato con il tempo, l’Italia intera e  molti altri paesi stranieri.

 

La mozzarella di bufala è la materia prima più trasversale della ristorazione, impiegata con lo stesso interesse dalla pizzeria al ristorante gourmet. Assieme al Parmigiano è sicuramente il formaggio più conosciuto ed imitato al mondo e assieme al pomodoro, rappresenta l’ingrediente fondamentale della pizza Margherita.Mozzarella di bufala

Il suo nome deriva da mozzare, operazione praticata con il pollice e l’indice per tagliare la pasta filata e  per dare forma alle perline, ciliegine, bocconcini, nodini e trecce.

Tracce della sua produzione si hanno sin dal XII secolo ma solo dal XIV si hanno notizie della sua commercializzazione. A partire dal XVIII secolo, la mozzarella di bufala diventa un bene di largo consumo, grazie anche alla realizzazione di un grosso allevamento da parte dei Borboni nella Reggia di Carditello. Dopo l’unificazione d’Italia ad Aversa nasce la Taverna, un vero e proprio mercato all’ingrosso di mozzarelle di bufala e di altri prodotti caseari ottenuti dalla lavorazione del latte di bufala.

La produzione maggiore, attualmente viene realizzata in Campania, nelle province di Caserta, Salerno, Benevento e Napoli. Nel Lazio, la mozzarella di bufala si produce in provincia di Frosinone, Latina e Roma. In Puglia nella provincia di Foggia e nel Molise in provincia di Isernia.

Secondo il disciplinare la mozzarella può essere prodotta sia con latte non pastorizzato per esaltarne le  caratteristiche organolettiche che con latte pastorizzato per una migliore e prolungata conservabilità del prodotto.

La mozzarella di bufala campana Dop è un formaggio fresco a pasta filata prodotto con latte bufalino selezionato, proveniente da allevatori situati all’interno dell’area indicata dal disciplinare. Il latte viene portato nei caseifici entro le 12 ore dalla mungitura e prima di essere lavorato viene filtrato per eliminare qualsiasi eventuale impurità. Successivamente viene riscaldato ad una temperatura tra i 34 e 38° C. per circa mezz’ora e solo a questo punto vi si aggiunge il caglio. Una volta ottenuta la cagliata, essa viene lasciata acidificare prima di essere filata e salata.

L’assenza dei carotenoidi nel latte di bufala consente alla mozzarella di assumere il tipico colore bianco porcellanato, mentre la sua ricchezza di componenti come proteine, grassi e soprattutto calcio consentono di avere delle rese di caseificazione più alte rispetto al latte di pecora e di mucca.

La sua conservazione ottimale è in ambiente fresco tra i 10 e i 17° C., direttamente nel suo liquido di governo e consumato nell’arco di 2-3 giorni per gustarne al meglio tutte le sue caratteristiche organolettiche.

In caso di una conservazione prolungata, la mozzarella può anche essere messa in frigo purchè ci si ricordi di  toglierla in anticipo in modo da servirla a temperatura ambiente, alla quale essa esprime il massimo delle sue caratteristiche.

Vista l’altissima riproduzione fraudolenta dei cibi italiani nel mondo è bene assicurarsi, al momento dell’acquisto, che sul prodotto vi sia il marchio del Consorzio di tutela e quello della Dop come stabilisce il disciplinare.

Il suo impiego in cucina è a vastissimo raggio: dalla classica Caprese, alla pizza passando per le vere e proprie leccornie concepite dalle menti dei grandi chef internazionali.

Una sua caratteristica peculiare ed inconfondibile è il rilascio del siero presente al suo interno appena dopo tagliata. Per il suo utilizzo, si consiglia di tagliarla qualche minuto prima del suo impiego per evitare ad esempio che esso renda la pizza troppo acquosa.

Le sue qualità organolettiche sono caratterizzate da una crosta sottile, un colore bianco porcellanato, una consistenza elastica, una struttura fibrosa specie quando è freschissima mentre, diventa leggermente fondente con il passare dei giorni ed un profumo delicato tipico del latte fresco.

Franco   Tacconelli

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