Il vigneto della Regina

14 Luglio 2011

villa-reginaCompletato a Torino il recupero della vigna della Regina che, con il reimpianto del vitigno Freisa,  torna così al suo antico splendore,

Torino come Ginevra, Vienna e Parigi. Il recupero ampelografico della vigna di Villa della Regina, piccolo, ma significativo appezzamento vitato permette alla città sabauda di fare il suo ingresso nella piccola cerchia di capitali dai nomi e dal passato prestigioso che possono vantare la produzione di vino con vigne all’interno del territorio comunale, fatto molto singolare per città che, Ginevra a parte, contano oltre un milione di abitanti. Questa curiosa ed esclusiva caratteristica dà ulteriore lustro e motivo di visita a questa città che per lunghi anni è stata a torto sottovalutata sotto l’aspetto architettonico e culturale, che risulta invece essere cospicuo e variegato, in virtù del passato regale che ha lasciato una importante eredità di costruzioni e musei unici al mondo. Il binomio che univa in maniera indissolubile Torino con l’industrializzazione portata dalla Fiat nell’immaginario collettivo aveva relegato il capoluogo piemontese a un ruolo di grigia città dormitorio. L’amico “straniero” in visita alla città veniva portato, in un impeto neo futurista, ad ammirare le fabbriche di Mirafiori e Lingotto, piuttosto che davanti agli splendidi monumenti barocchi e neo classici del centro storico di Torino o gli immediati sobborghi. Negli anni immediatamente prima delle Olimpiadi invernali del 2006, iniziò a Torino un circolo virtuoso di rivalutazione dell’immenso patrimonio architettonico che i Savoia avevano lasciato in dote, che permise al turista giunto in città grazie alla meravigliosa kermesse mondiale,  di apprezzare finalmente la città sotto un’altra luce.

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Villa della Regina è l’ultimo, fantastico pezzo di un mosaico che finalmente si compone, uno degli monumenti di Torino a tornare al suo antico splendore, a completare lo “skyline” delle colline che circondano Torino e che hanno nella Basilica di Superga e il Monte dei Cappuccini i due vertici ideali.

Questo straordinario monumento di rilevanza paesaggistica,storica e artistica, fu costruito su progetto tradizionalmente attribuito ad Ascanio Vittozzi, sulla collina che domina Piazza Vittorio, per volere del principe cardinale Maurizio di Savoia, figura chiave nei rapporti politici di corte, ispirandosi alle ville romane, completato da giardini all’italiana e da un Teatro d’Acque.

vedutaLa Villa conserva ancora intatto l’impianto originale, che voleva le proprietà collinari completate anche da parti boschive ed agricole che qui sono rappresentate da una “vigna” che anticamente si estendeva     per quasi un ettaro e mezzo, sul fronte soleggiato della proprietà, a fianco del naturale anfiteatro collinare che circonda ancora l’edificio principale. Il recupero dei giardini e della vigna, dopo un lungo periodo di degrado che in pratica aveva cancellato la proprietà dal panorama collinare torinese, ha nuovamente valorizzato l’immagine della viticoltura, complemento fondamentale della scenografia della collina, come previsto fin dalla costruzione della Villa.

Del resto i registri catastali dimostrano come le colline che circondano Torino fossero un unico vigneto. I lavori di costruzione della Villa, documentati a partire dal 1615, portarono all’ampliamento di un preesistente edificio appartenuto alla famiglia Forni, con la creazione di due giardini à parterre all’italiana ai lati della struttura principale, del Giardino “dei fiori”, del Giardino “ad anfiteatro” con percorsi semicircolari

su livelli diversi e del Teatro d’Acque realizzati con massicci lavori di sbancamento della collina.

Sull’asse del Belvedere si articola un sistema di grotte e giochi d’acqua dalla Grotta del Re Selvaggio alla Cascatella con il gruppo scultoreo della Naiade e Pan, fino alla fontana del Mascherone.

vigneti-villa-della-reginaL’importante ridefinizione settecentesca degli spazi fu progettata da Filippo Juvarra che lavorò alla Villa, prima per Anna d’Orléans, moglie di Vittorio Amedeo II, poi per Carlo Emanuele III, salito al trono nel 1730, e le sue consorti.  All’architetto della corte sabauda si deve il riallestimento decorativo dei due appartamenti, del re e della regina, affacciati sul grandioso salone centrale, realizzati da Juvarra con l’intervento degli stessi artisti che all’epoca avevano contributo alla straordinaria scenografia delle stanze del Castello di Rivoli e della Palazzina di caccia di Stupinigi.

vigneto-villa-della-reginaGli appassionati dell’arredo settecentesco troveranno in questi ambienti magnifici esempi di arredi intagliati, mentre gli amanti di decorazioni “alla China” potranno ammirare negli ambienti della Villa il trionfo del gusto per l’esotismo nei quattro gabinetti nei torrioni, con boiseries e volte dipinte dalla bottega di Pietro Massa (1732-1735). In seguito alle nozze di Vittorio Amedeo III con Maria Antonia Ferdinanda di Borbone Spagna nel 1750, la proprietà passò alla nuova principessa, la quale fece costruire un corpo di guardia e le scuderie nell’area antistante la Villa e promosse l’ampliamento del cosiddetto Palazzo Chiablese, destinato ad accogliere i membri della corte sabauda, strutture oggi purtroppo non più esistenti.

Arrivando ai giorni nostri i lavori di restauro alla Villa iniziati poco dopo il 1994, quando fu affidata alla Soprintendenza per i Beni artistici e storici del Piemonte, hanno consegnato nuovamente alla loro bellezza le splendide stanze con i loro magnifici stucchi e affreschi.

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Attualmente i lavori sono incentrati sul ripristino dell’antico viale di accesso alla Villa e dell’edificio detto del Vignolante, destinato originariamente a custodire gli strumenti per la cura dei giardini, degli   orti e del vigneto. Il progetto di reimpianto del vigneto (2000-2007), inizialmente a fini didattici e sperimentali, è stato promosso dalla Soprintendenza con la direzione lavori dell’architetto Federico Fontana. È dato in gestione, con concessione della Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Piemonte alla Cantina Balbiano di Andezeno, una importante realtà storica della collina torinese che ha sempre creduto nella potenzialità di questa area e nel vitigno storico di questa area, la Freisa.

Nella vigna di 0,73 ettari, un appezzamento ben superiore alla vigna di Montmartre di Parigi, sono state impiantate 2.700 barbatelle di questo vitigno, i cui cloni sono stati scelti da Anna Schneider (Cnr), una ampelografa che ha scoperto nel suo codice genetico importanti parentele con il Nebbiolo, che sembrerebbe esserne una sua variazione genetica.

Indipendentemente da queste importanti e recenti scoperte sulla sua nobile paternità, il vitigno Freisa è uno dei vitigni più importanti del Piemonte, citato per la prima volta dal Nuvolone nel 1799, da sempre simbolo di questa area, che vede nella Doc Chieri la sua massima espressione.

La vigna ha al suo interno anche una piccola percentuale di vitigni autoctoni delle Colline torinesi, ormai quasi scomparsi come la Grisa Roussa, Neiretto Duro e Cari, questo per salvaguardare il patrimonio ampelografico piemontese, spesso influenzato nelle scelte dal successo commerciale di Nebbiolo, Barbera e Moscato.

L’impianto e la cura del vigneto, fatta totalmente a mano, viste le pendenze e la volontà di preservare la tradizione, diedero il primo frutto con la raccolta di 10 quintali di uva con la vendemmia del 2008.

bott.-vigna-della-regina-2Queste uve furono messe a disposizione del professor Gerbi della facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Torino, che procedette ad una micro vinificazione sperimentale, ottenendo preziose indicazioni per le vinificazioni delle annate successive. E nel 2009 si iniziano a vedere i primi frutti del lavoro, con 50 quintali raccolti di uve sane che sono utilizzati per la vinificazione di una partita di 5.200 bottiglie, per la quale l’enologo Maurizio Forgia, decide di procedere con un semplice passaggio in acciaio per preservare le ottime qualità organolettiche del vino e soprattutto optando per la scelta non tradizionale, di ottenere un vino secco, fermo e con un titolo alcolometrico di ben 13,5 gradi.

La tradizionale vinificazione di questo vitigno era infatti amabile, per contrastare la spiccata acidità e frizzante per abbinare la beva del vino alla grassa cucina piemontese, con una gradazione alcolica di    circa 11 gradi. La vendemmia 2010 ha portato a un raccolto di circa 55 quintali di uva, che probabilmente sarebbero potuti essere di più se i piccioni di Piazza Vittorio, non avessero scoperto la presenza della comoda e squisita merenda a pochi battiti d’ali dalla loro residenza.

Questo pellegrinaggio è stato vanamente contrastato da nastri argentati, che hanno raggiunto il solo obiettivo coreografico di colorare la vigna, ma che non hanno per nulla impaurito gli scafati piccioni, abituati da anni alla movida notturna torinese della famosa Piazza.

Ma il vero protagonista di tutta questa storia è il vino.

Il recupero della vigna si intreccia con i trascorsi della città e con la sua cultura. Chi avrà l’opportunità di bere un sorso di questo vino avrà modo di assaporare un pezzo del passato di questa bellissima  città, prima capitale d’Italia e centro dei festeggiamenti per il 150.mo anniversario dell’Unità   d’Italia.

 

Autore: Tommaso Aniballi

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