Petra: un’architettura al servizio delle esigenze tecnologiche ed espressive del produttore.
La cantina Petra è prima di tutto un luogo di trasformazione e invecchiamento del vino, ma anche un luogo di accoglienza e quindi di scambio di culture e di esperienze, e, non da ultimo, è veicolo di comunicazione dei valori dell’azienda.
La rinnovata considerazione dei produttori agricoli per le vigne e il vino, consequenziale alla crescita di un mercato sempre più selettivo, ha spinto le case vinicole a commissionare nuove architetture che valorizzino il prodotto sia da un punto di vista qualitativo che promozionale. Oltre alla consueta ricerca di funzionalità e bellezza ed all’accostamento di nuove tecnologie con antiche tradizioni di valore, la cantina vinicola si pone come un edificio strettamente connesso con il paesaggio, la campagna, la natura.
Lo stabilimento di trasformazione delle uve e conservazione dei vini, ha una forte valenza simbolica nel rappresentare il produttore e il suo prodotto; è il primo momento di “comunicazione aziendale”, indispensabile per l’affermazione di un’etichetta. L’architettura delle cantine, suggestiva e funzionale, affascina i visitatori-clienti con spazi per la degustazione e, ultimamente, anche per la cultura come sale per concerti, conferenze, attività sportive. Il “turismo vinicolo” comincia a diventare fenomeno di massa, specie dalla metà degli anni Novanta, nell’era delle “cantine d’autore”, tra le quali si analizza la cantina Petra, realizzata da Mario Botta per la ditta Moretti a Suvereto (Livorno).
Situata nella Maremma Toscana a San Lorenzo Alto, presso Suvereto (Livorno), tra la Val di Cornia e le Colline Metallifere, la tenuta si estende su 300 ettari di vigneti, boschi ed ulivi, in un paesaggio prevalentemente agricolo tra le colline e il mare. Dai boschi di sughere deriva il nome stesso di Suvereto, sebbene nella zona prevalga la presenza di olivi. La grande architettura del vino, dotata di forte significatività, si integra serenamente col paesaggio rurale. Il progetto dell’azienda Petra si deve ai desideri che Vittorio Moretti, imprenditore edile e vinicolo, ha affidato all’abilità ideativa dell’architetto Mario Botta. Petra è uno spazio di trasformazione delle uve e invecchiamento dei vini, ma anche un luogo di accoglienza e veicolo di comunicazione dei valori dell’azienda. L’architettura serve agli scopi del committente, rispettando le linee guida riguardanti il ciclo produttivo e trasmettendo l’immagine di un viticoltore impegnato e appassionato.
Petra è anche stato un banco di alta sperimentazione dell’attività Moretti nella costruzione edile, un terreno d’incontro tra la creatività di Botta e il campionario tecnico- realizzativo Moretti, le cui potenzialità sono state sfruttate per erigere una cantina esteticamente gradevole e funzionale. Per la fase costruttiva Botta si è servito dello staff tecnico della divisione edilizia della Moretti Spa, che ha portato a compimento interamente le opere di fabbricazione.
L’elemento qualificante dell’intervento di Mario Botta è il grande cilindro in pietra, sezionato con un piano inclinato parallelo alla collina e affiancato, ai lati, da due corpi edilizi porticati e da vigneti che fan parte dello stesso disegno architettonico, armonizzandosi o contrapponendosi all’andamento della superficie ondulata. Il cilindro centrale è ornato da una corona di alberi e da appezzamenti di vite che creano una policromia stagionale integrata al perenne caldo colore del corpo di fabbrica, la cui forma può a sua volta evocare il mondo vegetale, come una corolla floreale grande quasi quanto tutta la collina. L’architetto ha immaginato il suo intervento inserito nelle pendici della montagna con il fronte a valle fuori terra, posto su un piano allungato dove, immerse fra le vigne, si svolgono le attività di ingresso delle uve. Il corpo centrale, interrato su tre lati, è adibito alle zone di invecchiamento, imbottigliamento, stoccaggio del prodotto, la sala riunioni, il reparto amministrativo e un’area museale.
Al centro del lungo fronte della cantina, il suddetto corpo cilindrico si eleva per 25 m. Nel suo diametro di 42 m ospita al piano terreno la sala di vinificazione, al primo piano quella di diraspatura, al secondo il laboratorio e gli uffici di servizio della produzione. Dal punto di vista strutturale, il cilindro è formato da un sistema integrato di cemento e legno, con pilastri che sorreggono sia travi in legno lamellare (sottostanti la scalinata esterna), sia setti in calcestruzzo armato (sottostanti la corona col giardino pensile). Grazie ad ulteriori traverse in legno lamellare, poste tra le travi principali e la corona del cilindro, e degradanti in base all’inclinazione della copertura, è stata possibile un’illuminazione naturale dei locali interni. La struttura è rivestita in Pietra di Prun lavorata a spacco, un materiale dai colori che si miscelano col paesaggio maremmano collinare con vecchie costruzioni rurali.
Per quanto riguarda l’articolazione interna della cantina, si evidenzia come la funzionalità e la razionalità degli spazi, nonché la modernità dei processi di trattamento dell’uva, si sposino con il rispetto del ciclo di vinificazione e il valore estetico di questa architettura. Nelle immense barricaie, pavimentate parzialmente in cemento prefabbricato rivestito in cotto di Impruneta, si rilevano sottili richiami a vari stili architettonici, riproposti modernamente. Le barriques riposano invece su un letto di ghiaia posto direttamente a contatto con il terreno, prevalentemente nell’ombra, condizioni essenziali per un buon invecchiamento. Addentrandosi nella cantina, la luce che accompagna l’inizio del percorso diminuisce infatti progressivamente, seguendo le necessità dettate dalle esigenze di conservazione del prodotto e la volontà di creare un ambiente suggestivo. In particolare si segnala la lunga galleria che penetra in profondità la collina fino al confine della proprietà Moretti, sino ad una parete di roccia che segna il limite dell’opera architettonica e offre nel suo silenzio sotterraneo uno spazio di riflessione, lavoro, incontro.
Autore: Tommaso Aniballi