Promuovere il made in Italy, una buona opportunità per uscire dalla crisi che attanaglia il nostro paese.
La riscoperta della cucina legata ai diversi campanili nonché il rinnovato interesse per molti dei vitigni locali che stavano scomparendo in Italia, hanno fatto crescere in modo esponenziale gli spostamenti legati al desiderio di andare ad assaggiare un prodotto, un piatto o un particolare vino. Il cibo come strumento di marketing turistico si sta rivelando molto interessante e in questi ultimi anni si sono moltiplicate le sagre, le degustazioni e le manifestazioni legate all’enogastronomia.
Il territorio italiano ha una conformazione tale da esprimere terreni e microclimi molto differenti tra loro e ciò determina che la stessa materia prima ha varie sfumature di profumi ed infiniti sapori, sulla base delle diverse località in cui si coltiva o si realizza. Ortaggi e frutta, legumi, carni, conserve, insaccati e salumi ma anche dolci, formaggi, miele, grappe, liquori e rosoli, un trionfo di sapori che fanno ricche le tavole italiane dal nord al sud della penisola.
Così sono differenti i vitigni che su tutto il territorio nazionale contribuiscono alla produzione di una gamma di vini che per quantità, ma soprattutto per qualità ha raggiunto vertici internazionali. Dopo il periodo in cui andavano soprattutto di moda i vitigni come lo Chardonnay, il Merlot,lo Shiraz,il Cabernet, ecc., sono stati rimessi in produzione molti di quelli che stavano scomparendo. Questi, per lo più legati al territorio consentono oggi produzioni di nicchia sempre più variegate ma soprattutto di indiscutibile qualità.
A dire il vero in questi ultimi tempi si è anche un po esagerato nel sottolineare le differenze tra prodotti dei vari campanili, trovandone anche lì dove esse non ci sono. Probabilmente ciò accade a causa di una esasperazione del marketing turistico enogastronomico o per eccesso di campanilismo tra i diversi comuni.
Al di la delle estremizzazioni, è indubbio che il patrimonio enogastronomico italiano sia unico nel suo genere, la sua complessità e la diversità non trova pari in nessun altro paese del mondo.
A fare da battistrada a questa moderna modalità di fare turismo furono le strade del vino, da cui presero piede i primi spostamenti legati alla degustazione e alla cultura enologica quindi, grazie anche alla rete, il fenomeno è cresciuto ed ha interessato sempre nuovi settori del comparto alimentare. Internet consente oggi una capillare conoscenza delle differenti realtà gastronomiche ma anche di poter organizzare autonomamente gli spostamenti, e per questo sempre più persone si muovono alla ricerca di sensazioni e sapori nuovi.
Per incrementare il turismo enogastronomico ed evitare che sia solo una moda passeggera è importante però, che oltre a proporre prodotti tipici, gli operatori del settore sappiano anche valorizzarli attraverso l’indicazione del nome corretto, il suo processo produttivo, sottolineando il valore della stagionalità e la passione di chi lo produce.
Quest’ultimo in particolare, in tempi di frodi e contraffazioni nel settore alimentare, riveste un fattore di importanza vitale. Molte persone, alla luce degli ultimi scandali (mozzarella di bufala di colore blu, peste suina, Brunello di Montalcino prodotto oltre la zona di Denominazione di Origine, ecc.) sono sfiduciate anche rispetto ai prodotti a marchio di garanzia Dop e Igp. Questi, nonostante i disciplinari che ne regolamentano la produzione, non sono sempre risultati al di sopra di qualsiasi sospetto.
Così, nel 1999 sono nati i primi presidi slow food, come conseguente evoluzione dell’Arca del Gusto per il recupero e la salvaguardia di produzioni minacciate dall’agricoltura industriale, dal degrado ambientale e dall’omologazione. Anche se tale certificazione non è ufficiale, ma assegnata da un comitato scientifico di Slow Food, i criteri di definizione sono simili a quelli adottati per le certificazioni IGP e DOP, con un disciplinare di produzione molto più rigoroso, che si esprime nel concetto di produzione pulita, sostenibile ed equa. Il tentativo è quello di dar fiducia al produttore che, mosso dalla passione e l’amore per il proprio lavoro, porta avanti il proprio operato nel rispetto della natura e delle sue risorse.
Girare alla ricerca di produttori del genere, contribuisce a fare turismo, accorciare la filiera alimentare, recuperare il valore dei buoni prodotti e migliorare le proprie condizioni di salute e quelle del nostro pianeta.
Franco Tacconelli