Alla riscoperta delle tradizioni italiane di un tempo
Il vino cotto è un prodotto di nicchia vitivinicola della civiltà contadina abruzzese e marchigiana, sapientemente preparato con uve scelte di primissima qualità ed utilizzato come bevanda nelle occasioni speciali o come ingrediente di molti dolci della tradizione.
Si racconta che quando nasceva un figlio, in famiglia si preparava il vino cotto e lo si lasciava maturare fino al giorno del suo matrimonio in modo da celebrare le nozze nella maniera più festosa.
Probabilmente, a livello locale, questo nettare degli dei lo si ritrova in altre zone dell’Italia meridionale ma non compre mai una fetta di mercato consistente.
La pratica di cuocere il mosto risale a tempi lontanissimi. L’intendo era quello di praticare una riduzione dell’acqua al fine di aumentare la concentrazione zuccherina e dare maggiore forza al mosto da fermentare.
In seguito si cominciò a fermentare direttamente il mosto cotto così da ricavarne una deliziosa leccornia da destinare al consumo familiare durante le ricorrenze ed i festeggiamenti della tradizione.
L’uva da destinarsi alla preparazione del vino cotto può essere di varietà diverse purchè sia ben matura, di buone qualità organolettiche il cui mosto sia particolarmente ricco di zuccheri. In Abruzzo si usa il Montepulciano ma anche vitigni a bacca bianca come il Moscatello, Trebbiano e Pecorino.
Subito dopo la pigiatura e diraspatura, il mosto viene messo in un contenitore in rame, posto sul fuoco e portato ad ebollizione. Lo si lascia bollire fino a quanto non si riduce di circa il cinquanta per cento rimuovendo la schiuma che man mano si forma, con l’ausilio di una schiumarola.
Ultimata la bollitura, al mosto cotto ancora caldo si aggiunge del mosto fiore fino ad ottenere un composto costituito in parti uguali. Quindi si versa nelle piccole botti e il tutto si lascia a fermentare lentamente per circa un mese. Alla fine della fermentazione un travaso consente la rimozione delle parti solide ed il successivo invecchiamento garantisce l’armonizzazione di tutte le componenti.
Una diversa procedura viene seguita mettendo il mosto cotto a fermentare senza essere tagliato con il mosto fiore e durante il periodo di riposo vengono praticati continui travasi per rimuovere il deposito ed ottenere un vino molto limpido.
Per assicurare un invecchiamento di qualità, il vino cotto viene posto in piccole botti di legno il cui contenuto può variare sulla base delle scelte dei diversi produttori, e il periodo di riposo dura almeno dieci anni.
In commercio ne esistono sia bianchi che rossi e molto spesso si utilizzano blend di uve diverse.
Le caratteristiche di questo vino sono assolutamente speciali. La bollitura prolungata del mosto fornisce un vellutato sapore di caramello ed un leggero retrogusto di fumo.
Sia il tipo rosso che quello bianco sono considerati vini da dessert e possono essere abbinati ai dolci della tradizione. Sicuramente sono adatti per accompagnare la pasticceria secca e i dolci da forno come i cantucci, i calcionetti (dolci tipici natalizi), la pupa e il cavallo (preparazioni tipiche per le feste pasquali).
Nella tradizione contadina era usanza inzuppare il pane o i taralli ad un buon bicchiere di vino cotto e qualche boccone veniva riservato anche ai bambini, credendo che così crescessero più sani e forti.
E’ un ottimo vino da meditazione ma può essere utilizzato anche per bagnare i brasati e la selvaggina cotta in padella.
Franco Tacconelli