Il pranzo di Babette

19 Settembre 2010

pranzo-di-babetteUna “poesia” intorno alla cucina.

Per noi meridionali d’Europa può essere un po’ irritante, ma dobbiamo ammettere che uno dei più bei film sulla relazione tra il cibo e lo spirito è stato realizzato dal profondo nord. Stiamo parlando di un’opera del 1987, Il pranzo di Babette, diretto dal regista danese Gabriel Axel. Il personaggio del titolo è interpretato da Stephane Audran e gli altri attori importanti sono Bodil Kjer e Jean Philippe Lafont. Il lavoro è ispirato ad un racconto di Isak Dinesen (pseudonimo della famosa scrittrice Karen Blixen).

La storia è ambientata nella seconda metà dell’Ottocento ed ha come protagonista una donna sui trent’anni di nome Babette.  Abbandonata la Francia,  quest’ultima viene accolta da due anziane sorelle danesi che appartengono ad una rigorosa comunità luterana le cui giornate sono scandite dalla preghiera, dal rigore esteriore e dalla preoccupazione di non fare nulla che possa anche lontanamente rappresentare una qualche tentazione. Babette è apprezzata da tutti e, pur con freddezza nordica, è accolta e amata dalla comunità, per cui sbriga faccende domestiche e cucina in modo semplice, come si conviene all’austerità dell’ambiente.

Ma quella che sembra una donna dall’apparenza modesta, ormai rassegnata a sfiorire, è stata lo chef del prestigioso ristorante parigino Café des Anglais, una cuoca “capace di trasformare un pranzo in una specie di avventura amorosa”. Babette è stata costretta a fuggire dopo i drammatici avvenimenti della Comune di Parigi e le sue doti culinarie sono completamente sconosciute a coloro che la ospitano, fino al giorno in cui vince 10.000 franchi alla lotteria. Con un atto di grande generosità decide di usare quella somma notevole per offrire un pranzo memorabile alla comunità che l’ha caritatevolmente accolta e verso cui nutre un profondo affetto.

Nel frattempo, un piccolo turbamento all’interno di quell’ ambiente angusto è causato dall’arrivo di un maestro di piano francese, una brava persona, molto appassionata al suo lavoro ma con una personalità estroversa che mal si concilia con gli austeri costumi locali. Questo episodio serve però a mostrare per la prima volta che il rigore e il pietismo della comunità sono anche infarciti di timori ingiustificati che, come nel caso della buona musica, precludono semplicemente di godere delle sane gioie della vita.

Una volta superati i dubbi dei suoi ospiti, Babette ordina in Francia tutto ciò che le serve per il pranzo: brodo di tartaruga, cailles in sarcophage, vino Ammontillado, Veuve Cliquot del 1860 e Clos Veugeot del 1864. Alla fine i rigidi commensali sono travolti dal piacere della tavola e cominciano ad apprezzare, forse per la prima volta, il cibo nelle sue implicazioni  più profonde e filosofiche. Tra i commensali, siede un generale, figlio di una delle signore presenti, che loda l’altissima qualità del cibo e commenta dicendo che aveva mangiato così bene soltanto molti anni prima a Parigi, al Café des Anglais (non sapendo ovviamente che il pranzo era stato preparato proprio dallo stesso chef). Il messaggio del film è chiaro: è necessario conciliare la necessità di soddisfare tanto la gola quanto lo spirito.

Galliano Maria Speri

www.cucinaconoi.it - Roma - C.F. 97553610581 - P.IVA 11328511008 - email info@cucinaconoi.it
Copyright © 2010 All Rights Reserved
This opera is licensed under a Creative Commons
Attribuzione Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.
Licenza Creative Commons