La vinificazione in rosso

22 Maggio 2010
vinificazione-in-rosso

La tecnica utilizzata per ottenere i vini rossi.

Fattori decisivi per l’ottenimento di vini dai profili sensoriali diversissimi tra loro sono la grande varietà dei vitigni, dei terreni e dei microclimi, ma anche la possibilità di applicare differenti sistemi di vinificazione e di realizzare periodi di maturazione variabili nel tempo, oltre alla scelta del tipo di contenitore e del materiale costituito. Da un’uva come il Pinot nero si possono ottenere diverse tipologie di vino. Se si applica la vinificazione in rosso con un prolungato contatto con le bucce si ottiene un vino rosso, con macerazioni più brevi si producono vini rosati con diverse intensità di colore, mentre se si separano le bucce dopo la pigiatura il prodotto è un vino bianco; inoltre, si possono ottenere anche ottimi vini-base per la produzione di spumanti.

La fase che distingue nettamente la vinificazione in rosso da quella in bianco è la macerazione, cioè il contatto delle bucce con il mosto liquido che a poco a poco si trasforma in vino. Il tempo di macerazione, oltre al carattere del vitigno e agli interventi che si possono realizzare durante la fermentazione, è uno dei fattori decisivi per permettere la dissoluzione dei pigmenti e delle altre sostanze presenti nelle bucce. La pigiatura iniziale deve essere sempre soffice, per evitare un’eccessiva estrazione dei tannini, e per questo la diraspatura viene realizzata contemporaneamente o, sempre più spesso, anche prima della pigiatura. Inoltre l’eliminazione dei raspi  riduce la quantità di aromi erbacei e di alcol assorbito durante la fermentazione.

                                                                                                           Diraspapigiatrice

dispapigiatrice

Dopo i trattamenti e le eventuali correzioni, il mosto è posto nei fermentatori, quasi sempre in acciaio inossidabile o in vetroresina, nei quali, dopo l’addizione dei lieviti selezionati, inizia fermentare a contatto con le vinacce (bucce e vinaccioli). Per ottenere un vino ricco di colore, profumi e struttura, l’estrazione dei polifenoli dalle bucce risulta di fondamentale importanza; gestendo il tempo di macerazione si può intervenire in modo diverso sull’estrazione, salvaguardando l’eleganza del prodotto finale. Nei primi giorni di contatto sono estratti soprattutto gli antociani, che danno in pochi giorni colore molto intensi, con spiccate tonalità rosso rubino, viola o blu scuro. In quelli successivi, parte dei pigmenti vengono riassorbiti dalle bucce, il colore si indebolisce un po’, a vantaggio di una migliore estrazione dei polifenoli totali, e quindi di una maggiore struttura e gusto del vino. La fermentazione di alcuni vini rossi può concludersi anche in barrique, dove il vino che si sta formando è arricchito dalle componenti aromatiche del legno. Tempo di contatto del mosto con le bucce e temperatura, rimontarci e follatura, presenza di anidride solforosa e enzimi, oltre che dell’alcol etilico che si forma in fermentazione, sono i fattori che influenzano l’estrazione dei polifenoli.

diraspapigiatrici-2In annate poco favorevoli, per aumentare l’estrazione delle sostanze dalle bucce, a volte si ricorre anche al salasso, che consiste nell’estrazione di parte del liquido in fermentazione, al fine di migliorare il rapporto liquido-solido. Molti vini rossi sono prodotti in genere con una macerazione di 10-15 giorni. Per alcuni, particolarmente leggeri e da consumarsi giovani, è ridotta a 4-5 giorni, mentre solo per pochi mosti vengono lasciati macerare fino a quattro settimane; di recente, anche in zone tradizionalmente legate a questo sistema, come le Langhe per il Barolo, sono però utilizzati dei rotomaceratori, che favoriscono i processi estrattivi e riducono i tempi di macerazione. La temperatura elevata di fermentazione è un altro fattore che aumenta la dissoluzione delle sostanze presenti nelle bucce, ma non sempre mantiene la qualità del vino. È necessario quindi raggiungere un compromesso, spesso intorno ai 25-30 °C, per non danneggiare i lieviti in fermentazione e non alterare le caratteristiche organolettiche del vino. In genere, per favorire il mantenimento degli aromi fruttati dei vini da bersi giovani, può essere utile mantenersi intorno ai 24-25 °C, mentre per vini da invecchiamento si può salire fino a 30-32 °C. In alcuni casi, una breve macerazione di 3-4 giorni a circa 32-33 °C permette una rapidissima estrazione dei pigmenti e dei tannini più morbidi e solubili, seguita dalla conclusione della fermentazione in assenza di vinacce. Il sistema non è ancora molto diffuso, ma è impiegato nella produzione di alcuni vini rossi di Borgogna e di Barolo di nuova interpretazione. Durante la fermentazione le vinacce tendono a formare in superficie uno strato compatto, chiamato cappello delle vinacce, che impedisce un buon contatto con la parte liquida. Per ovviare a questo inconveniente e favorire l’estrazione, il mosto è rimescolato con la follatura o il rimontaggio.

                                                                                                             Rotomaceratori 

rotomaceratori

Un tempo i vini per la vinificazione erano in legno e aperti; la follatura era realizzata con dei bastoni, mescolando a mano il mosto, anche con l’obiettivo di raffreddarlo. Attualmente i fermentatori in acciaio sono dotati di una doppia parete, all’interno della quale circola una soluzione refrigerante che mantiene fredda la superficie delle pareti, mentre l’agitazione meccanica rompe il cappello delle vinacce e favorisce l’abbassamento della temperatura del mosto. In alternativa, la fermentazione è svolta a cappello sommerso, con un diaframma forato che tiene il cappello delle vinacce al di sotto del livello del liquido, favorendo l’intimo contatto con il vino che si sta formando. Ma perché si deve raffreddare il mosto? La temperatura ottimale alla quale i lieviti svolgono la fermentazione oscilla fra i 15-30 °C con la produzione di composti secondari di buona qualità. Se la temperatura è più bassa la loro azione viene inibita, mentre se è troppo alta la fermentazione diventa incontrollabile e l’eleganza del prodotto finale viene penalizzata. La fermentazione alcolica produce energia che si libera sotto forma di calore, che porta la temperatura fino a valori che danneggerebbero i profumi e la qualità del vino. Inoltre, oltre 37 °C l’azione dei lieviti viene bloccata. È per questi motivi che si ricorre alla refrigerazione del mosto in fermentazione, soprattutto nelle zone più calde. L’alcol etilico, inoltre, non è amico dei lieviti, perché al di sopra del 15-16%, molto raramente fino al 17%, inibisce la loro attività fermentativa, come può accadere nei vini ottenuti da mosti molto ricchi di zucchero, ricavati da uve appassite o attaccate dalla muffa nobile.

vinificatore-rimontaggio-piLa rottura del cappello delle vinacce e il contemporaneo raffreddamento possono essere ottenuti anche con il rimontaggio, in cui parte del prodotto è spillato dalla parte inferiore dei fermentatori attraverso un tubo esterno, fatto ricircolare e spruzzato sullo strato solido. In questo modo si favorisce il ricambio del liquido a contatto con le bucce, si rende omogenea e si ossigena la massa, si ridistribuiscono i lieviti. Il numero e l’intensità dei montaggi dipende anche dalla dimensione e dalla forma dei fermentatori; per esempio, in un serbatoio alto e stretto, il rimescolamento della massa richiede un maggior numero di interventi.Nella produzione di vini importanti da lungo affinamento, attualmente si ricorre spesso al delestage, svolto di norma un paio di volte a macerazione. Alla metà o alla fine della macerazione si toglie dal serbatoio tutta la parte liquida del mosto, lasciando all’interno solo quella solida. Successivamente il liquido è reinserito dall’alto o dal basso e rompe in modo completo il cappello formato dalle bucce. In questo modo si raggiunge il duplice obiettivo di ossigenare molto bene il mosto e di rimescolare le sostanze che possono essersi stratificate (zuccheri e polifenoli), favorendo i processi di fermentazione e di estrazione. Mentre il mosto continua fermentare, i lieviti trasformano gli zuccheri in alcol etilico, anidride carbonica e sostanze secondarie, il colore diventa più intenso, molte componenti sono estratte e passano dalle bucce alla parte liquida. Poiché l’anidride carbonica fa ribollire il mosto, la fermentazione viene detta tumultuosa. Al termine della fermentazione tumultuosa si procede con la svinatura, che consiste nell’eliminazione di bucce e fecce di fermentazione, cellule morte di lievito, sostanze  coagulate, sali e piccole particelle solide. Le vinacce, ancora imbibite di mosto-vino, vengono asciugate con la torchiatura-o pressatura-, operazione che deve essere svolta in modo delicato. Se la torchiatura fosse decisa e violenta, aumenterebbe la resa, ma darebbe un prodotto più scadente. In questa fase si utilizzano le moderne presse a membrana orizzontali, che lavoro molto delicatamente, oppure i torchi continui, che per avere la massima estrazione utilizzano però pressioni molto elevate. I classici torti verticali con gabbie sono invece ormai in disuso, perché utilizzavano pressioni molto alte e richiedevano molta manodopera, nella fase sia di carico sia di scarico. Le vinacce più o meno esaurite sono mandate alla distilleria per la produzione di grappa. Il vino, a questo punto, non è ancora pronto per l’imbottigliamento. Anche i vini messi in commercio nella primavera dell’anno successivo alla vendemmia, devono subire i trattamenti di stabilizzazione e una breve maturazione che le perfezionino l’equilibrio, grazie anche all’eventuale fermentazione malolattica.

Autore: Tommaso Aniballi

www.cucinaconoi.it - Roma - C.F. 97553610581 - P.IVA 11328511008 - email info@cucinaconoi.it
Copyright © 2010 All Rights Reserved
This opera is licensed under a Creative Commons
Attribuzione Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.
Licenza Creative Commons