Il mosto

25 Maggio 2010
mosto

Il succo dell’uva prima della fermentazione alcolica.

Il mosto è il succo che si ottiene dalla pigiatura o pressatura delle uve, nella quale centinaia di sostanze si trovano dispersi in acqua, che ne rappresenta il 70-80%. Zuccheri, acidi organici e inorganici, polifenoli e sostanze odorose, sostanze pectiche ed azotate, minerali e vitamine, enzimi e microrganismi, completano la sua composizione, simile a quella dell’uva. Alcune sostanze si troveranno pressoché invariate anche nel vino, altre verranno trasformate, prima fra tutti gli zuccheri, altre ancora si formeranno ex-novo, arricchendo il prodotto finale di profumi e sapori. La quantità di zucchero nel mosto può variare moltissimo, perché dipende direttamente dalla quantità presente negli acini dell’uva. Nei mostri destinati alla produzione di vini secchi, questa è in genere compresa tra il 17-23%; nel caso di uve raccolte in sovramaturazione aumenta moltissimo, fino a raggiungere il 28-30%, addirittura il 40% dopo appassimento. Più il mosto è ricco di zucchero, più il vino lo sarà di alcol etilico. A meno che non si desideri produrre un vino dolce, perché allora l’azione di lieviti verrà bloccata, per limitare la produzione di alcol e mantenere un elevato residuo zuccherino. Se gli zuccheri sono fondamentali per poter trasformare il mosto in vino, altrettanto importanti sono gli acidi, sia organici sia inorganici. Oltre ai già noti acido tartarico, malico e citrico, sono presenti l’ossalico, in glicolico e altri ancora, anche se le loro percentuali sono molto basse. Tutti questi acidi sono detti fissi e quindi non tendono a volatilizzare, al contrario di quanto accade per l’acido acetico, prodotto soprattutto durante la fermentazione, il maggior rappresentante degli acidi volatili. Per non compromettere la qualità del vino, l’acido acetico deve essere presente in quantità molto bassa. Quando si parla di acidità del mosto-e anche del vino-ci si riferisce soprattutto all’ acidità fissa, che rende il vino fresco e piacevole. La somma tra l’acidità fissa e quella volatile  costituisce l’acidità totale o complessiva, in genere compresa tra 0.7-1.1 %. Presenti nel mosto in quantità molto più bassa rispetto a zuccheri e acidi, i polifenoli sono ancora più determinanti nel caratterizzare la personalità del vino. Il colore, la struttura, la tannicità e la sua stessa longevità, dipendono in gran parte dalla quantità e dalla tipologia dei polifenoli del mosto, anche se le tecniche di vinificazione influenzano molto queste caratteristiche. Anche le sostanze odorose sono presenti nel mostro in percentuali molto variabili in funzione dell’uva impiegata. Terpeni, precursori di aromi e composti solforati derivano dalla buccia dell’acino. Durante la pigiatura, la pressatura e la fermentazione, molti di questi riescono a svincolarsi dalle parti pesanti e complesse della loro molecola originaria, arricchendo il vino di profumi inizialmente impercettibili. Pectine, gomme, mucillagini, pentosani e altre sostanze tecniche sono presenti nel mosto in piccole quantità (0.2-0.3 g/l), anche se sono molto abbondanti nei mosti ottenuti dalla pressatura di uve attaccate dalla muffa nobile, che daranno vini particolarmente morbidi. Affinché i lieviti possano svilupparsi e svolgere al meglio i processi fermentativi, è necessario che il mosto contenga minerali e soprattutto vitamine. Tra queste, la tiamina o vitamina B1 è la più importante, sia come fattore di crescita e quindi di acceleratore della fermentazione alcolica, sia per la capacità di evitare la formazione di sostanze in grado di combinarsi con l’anidride solforosa. Per questo, prima della fermentazione, ne viene sempre aggiunta un po’. I lieviti hanno anche bisogno di sostanze azotate, soprattutto in forma inorganica (0.3-0.4 g/l) come i sali di ammonio, mentre quelle in forma organica (0.2-0.6 g/l)) possono causare torbidità. La loro quantità nel mosto varia in funzione di molti fattori, quali la densità d’’impianto, l’andamento climatico, tecniche di concimazione e la rese per ettaro. Infine, oltre a diversi microrganismi, il mosto contiene enzimi, proteine che aumentano la velocità delle reazioni chimiche. Polifenolossidasi e laccasi, più abbondanti nelle uve che hanno subito attacchi fungicidi, possono essere molto dannose, perché causano l’ossidazione di sostanze con conseguente imbrunimento del mosto e perdita di freschezza aromatica, mentre le proteasi rompono le proteine, liberando aminoacidi e peptidi (quindi azoto in forma solubile), che sono facilmente assimilabili per i lieviti.

Autore: Tommaso Aniballi

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