Gli interventi per migliorare la qualità del vino.
Travasi, colmature e scolmature sono comuni pratiche di cantina applicate per migliorare la stabilità del vino. I travasi consistono nello spostamento del vino da un recipiente ad un altro, per separarlo dalle fecce che si depositano sul fondo; il numero e la frequenza sono maggiori per i vini rossi, più ricchi di sostanze estrattive e quindi di fecce che si possono formare. Durante il riposo, il volume del vino all’interno della botte può variare. Nelle zone calde si possono avere fenomeni di evaporazione, ma anche l’abbassamento di temperatura può causare una contrazione del volume, la cui diminuzione è dovuta anche all’assorbimento di liquido da parte del legno. Per evitare ossidazione e sviluppo di microrganismi aerobi, cioè che si sviluppano in presenza di ossigeno, le botti devono essere sempre colme di vino. Al contrario, in seguito per esempio a una dilatazione causata dall’aumento della temperatura, il volume può aumentare, e in questo caso si deve evitare che il vino tracimi nel cocchiume. Il tappo contiene una piccola quantità dello stesso vino presente nella botte: quando il volume diminuisce, parte del vino scende nella botte, mentre quando aumenta, affluisce in parte all’interno del tappo. Per evitare intorbidimenti, precipitazioni e malattie, prima dell’imbottigliamento il vino deve subire dei trattamenti di chiarificazione a temperature basse, con bentonite e gelatina, seguita da accurate filtrazioni, che possono essere molto diverse.
Le filtrazioni sgrossanti eliminano le particelle più grossolane, quelle brillantanti anche le più piccole e quelle sterilizzanti trattengono addirittura i microrganismi, rendendo il vino perfettamente limpido. A volte il produttore sceglie di far riposare il vino e di non sottoporlo ad alcuna filtrazione, per lasciare intatto il suo corredo di colore, profumi e sapori. In questi casi qualche particella può rimanere nel vino, senza comprometterne la qualità. Quasi sempre, in questi casi, sulla retro-etichetta della bottiglia si legge non filtrato, oppure viene spiegato che il vino non ha subito alcuna filtrazione. Per rendere il vino più vivace o per correggere eventuali leggeri difetti, a volte viene realizzata una rifermentazione, aggiungendo un po’ di mosto fresco, concentrato o muto, oltre ai lieviti selezionati che fanno ripartire la fermentazione. Un caso particolare di rifermentazione è il governo alla Toscana, con il quale una piccola quantità di uve appassite e pigiate vengono addizionate al vino nuovo, del mese di dicembre, mentre nel rigoverno si fa una seconda addizione in primavera, per ottenere un vino ancora più colorato, profumato ed equilibrato. La pastorizzazione è un processo termico che inattiva gli enzimi e distrugge i microrganismi che potrebbero causare alterazioni e determinare malattie, e viene impiegata solo su vini comuni. Si può applicare al prodotto ancora sfuso, in scambiatori a piastre con acqua calda, oppure al vino in bottiglia, con pastorizzatori a pioggia. Il vino così trattato risulta stabile dal punto di vista enzimatico e microbiologico, ma limitato nelle espressioni aromatiche. A volte il vino ha bisogno di correzioni, anche se sarebbe meglio intervenire a monte, sul mosto, piuttosto che aspettare di correre ai ripari sul prodotto finito. Se si vuole aumentare il titolo alcolometrico, si può ricorrere a refrigerazioni a-15/-18 °C, per allontanare parte dell’acqua sotto forma di microcristalli di ghiaccio, mentre è ormai abbandonato il sistema dei tagli. Se invece si rende necessario aumentare l’acidità, si può addizionare acido tartarico o eventualmente acido citrico (per legge max 100 g/hl), ma solo per vini da bersi giovani. Al contrario, l’acidità può essere diminuita con l’addizione di sali come il carbonato di calcio, il bicarbonato di potassio e il tartrato neutro di potassio, che fanno precipitare gli acidi in eccesso. Colori intensi possono essere ottenuti ricorrendo alla taglio con vini più colorati. Inoltre, le attuali tendenze prediligono vini ricchi di struttura che può essere migliorata con l’addizione di piccole quantità di tannini di quercia, che nei bianchi proteggono anche dalle ossidazioni.
Dopo la maturazione e la filtrazione, prima dell’imbottigliamento, il vino è posto in serbatoi di tiraggio, nei quali viene aggiunta anidride solforosa per ridurre i fenomeni di ossidazione e garantire la massima stabilità biologica. L’anidride solforosa può però conferire un odore acre e pungente, che si può percepire, in particolare, nei vini imbottigliati da poco tempo, perché questa sostanza non si è ancora combinata completamente con quelle del vino. Per fortuna l’anidride solforosa è molto volatile ed è quindi sufficiente arieggiare un po’ il vino per liberarlo da questo odore fastidioso.
Autore: Tommaso Aniballi