La terminologia del gusto del vino

12 Agosto 2010

I vocaboli per descrivere un vino.

zucchero410x260Zuccheri, alcoli, polialcoli, acidi organici, tannini e componenti minerali formano l’ossatura del vino, lo scheletro che permette di percepire sensazioni delicate o decise, morbide o aggressive. Alcune sono molto piacevoli, apprezzabili per loro vellutata avvolgenza, altre, prese singolarmente, addirittura sgradevoli. Ma tutte sono necessarie per creare un mosaico gustativo diverso per ogni vino.

 

Gli zuccheri

Gli zuccheri sono dei composti organici che in natura si trovano in ogni tipo di frutta, quindi anche nel succo dell’uva matura, solitamente in quantità compresa tra 150-250 g/kg. Glucosio e fruttosio, saccarosio e maltosio, arabinosio e xilosio, sono gli zuccheri più importante nel determinare la sensazione di dolcezza, anche se il loro potere dolcificante è diverso. Tra tutti, il fruttosio è il più dolce. Nella produzione del vino, i lieviti svolgono la fermentazione alcolica e trasformano gli zuccheri, in particolare glucosio e fruttosio, in alcol etilico, anidride carbonica e sostanze secondarie. Se questi zuccheri non vengono completamente trasformati, il vino risulta più o meno dolce.

Il glossario

Secco: si dice di un vino in cui non si percepisce alcuna sensazione di dolcezza, dovuta a un residuo zuccherino, se c’è, molto basso (1-10 g/l), che può contribuire ad accentuare la morbidezza.

Abboccato: si dice di un vino in cui si percepisce una leggerissima sensazione di dolcezza, dovuta a un residuo zuccherino piuttosto basso (10-30 g/l).

Amabile: si dice di un vino in cui si percepisce chiaramente la sensazione di dolcezza, ma in modo ancora delicato, dovuta a un discreto residuo zuccherino (30-50 g/l).

Dolce: si dice di un vino in cui la sensazione di dolcezza è molto spiccata, dovuta a un residuo zuccherino anche molto elevato; questo può essere di 50-100 g/l in alcuni vini dolci e frizzanti come l’Oltrepò Pavese Sangue di Giuda e il Brachetto d’Acqui, fino a 100-180 g/l nei passiti e liquorosi dolci.

Stucchevole: si dice di un vino in cui si percepisce una sensazione di dolcezza forte e predominante, non supportata da un’adeguata struttura, sapidità e acidità. Questa valutazione corrisponde quindi a una situazione negativa e deve essere ritenuta una anomalia del vino.

 

Gli alcoli

amarone-vino-alcolicoGli alcoli rappresentano un elemento fondamentale del vino, perché dopo l’acqua rappresentano i componenti più abbondanti (4-20%), anche se mediamente si può considerare una percentuale variabile tra il 10-14%. L’alcol più abbondante e significativo, anche sotto il profilo sensoriale, è l’etanolo, il diretto responsabile dell’effetto pseudocalorico che si avverte assaggiando una bevanda alcolica, mentre l’influenza degli altri è pressoché trascurabile. L’effetto pseudocalorico è dovuto alla proprietà disidratante dell’alcol etilico, che riduce l’azione rinfrescante dell’acqua della saliva, e al suo effetto vasodilatatore, che provoca un maggior afflusso di sangue verso i capillari della mucosa. La sua azione non si esaurisce così, perché l’etanolo contribuisce anche a rendere il vino più morbido, smussando la durezza degli acidi, dei sali e dei tannini.

Il glossario

Leggero: si dice di un vino in cui si percepisce una delicatissima sensazione pseudocalorica, a causa della bassa percentuale alcolica. Questa sensazione può essere percepita in vini come il Moscato d’Asti (4-4,5%), oppure il Oltrepò Pavese Sangue di Giuda e il Brachetto d’Asti (6-7%), più ricchi di acidi e di tannini. Se questa situazione non si verifica in questa tipologia di vino, deve ritenersi un’anomalia.

Poco caldo: si dice di un vino in cui si percepisce una delicata sensazione pseudocalorica, a causa di una modesta percentuale alcolica (10-11%), o di un vino nel quale prevale la sensazione fresco-tannica.

Abbastanza caldo: si dice di un vino in cui si percepisce una chiara e piacevole sensazione pseudocalorica, a causa di una discreta percentuale alcolica (11-12,5%) e di un buon equilibrio tra l’alcol etilico e le altre componenti.

Caldo: si dice di un vino in cui si percepisce una decisa sensazione pseudo calorica, legata a un’elevata percentuale alcolica (12,5-15%), ma anche a una buona struttura complessiva e all’equilibrio tra le diverse componenti.

Alcolico: si dice di un vino in cui si percepisce una forte e predominante sensazione pseudocalorica, legata a una percentuale alcolica molto importante (15-20%). Si tratta in genere di vini liquorosi e aromatizzati, prodotti con l’addizione di alcol etilico buon gusto, mistelle, acquaviti. Nel caso di altri vini, una sensazione pseudo calorica così decisa è da attribuirsi non solo ad un’elevata percentuale alcolica, ma soprattutto alla mancanza di equilibrio con le altre componenti, ed è quindi da considerarsi un’anomalia.

 

I polialcoli

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Percepita come una gradevole sensazione che avvolge e arrotonda il gusto, riequilibrando la durezza di acidi, tannini e sali, la morbidezza del vino è di fondamentale importanza. Responsabile di questa sensazione vellutata sono soprattutto i polialcoli che si formano durante la fermentazione alcolica, tra i quali si deve ricordare in particolare il glicerolo (glicerina), oltre a 2,3 butilenglicol, mannitolo, sorbitolo ed altri ancora. La glicerina, un liquido vischioso, incolore e dal sapore dolciastro, è presente nel vino in quantità variabili tra 5-18 g/l in funzione di diversi fattori, come la ricchezza in zucchero del mosto, la durata e la temperatura applicata durante la fermentazione alcolica. Un caso molto significativo è quello dei vini ottenuti da uve attaccate dalla muffa nobile, microrganismo in grado di produrre grandi quantità di glicerina, che li può rendere pastosi e morbidi come velluto.

Il glossario

Spigoloso: si dice di un vino in cui non si percepisce alcuna sensazione di morbidezza, situazione legata a una decisa carenza di tutte le componenti coinvolte. In genere si riscontra in vini poco strutturati e/o ottenuti da lavorazioni troppo energiche, ce li hanno svuotati di ogni morbidezza; in bocca sembrano sfuggenti e lasciano uno sgradevole senso di spigolosità, che corrisponde a una situazione inaccettabile.

Poco morbido: si dice di un vino in cui si percepisce una scarsa sensazione di morbidezza. In genere si tratta di vini giovani e poco strutturati, con un basso contenuto glicerico e alcolico.

Abbastanza morbido: si dice di un vino in cui si percepisce una discreta e piacevole sensazione di morbidezza, dovuta ad una equilibrata composizione glicerica e alcolica. In genere si tratta di vini con una discreta struttura.

Morbido: si dice di un vino in cui si percepisce una decisa morbidezza, con una gradevole sensazione vellutata, dovuta ad una buona concentrazione glicerica e alcolica. In genere si tratta di vini dotati di una bella struttura.

Pastoso: si dice di un vino in cui si percepisce una spiccata e predominante morbidezza, dovuta ad un’elevata concentrazione glicerica e alcolica. In genere è una sensazione che si percepisce in alcuni grandissimi vini da dessert, come passiti, liquorosi dolci e vini ottenuti da uve botritizzate.

 

Gli acidi

grottadelsoleasprinioxfrescAcqua, alcoli e acidi sono i componenti più abbondante del vino, e di conseguenza l’acidità rappresenta un importante aspetto del suo gusto. Nel vino sono presenti diverse tipologie di acidi, organici ed inorganici, fissi e volatili, prefermentativi e postfermentativi, che contribuiscono a determinare il sapore, ma che soprattutto sono responsabili della sensazione di freschezza gustativa. Tipologia e quantità degli acidi presenti, pH e loro forza di penetrazione, sono le variabili che determina una diversa sensazione di acidità. I numerosi acidi organici, come tartarico, malico, citrico, succinico, lattico, acetico, propionico e altri ancora, hanno un proprio sapore specifico.

Il glossario

Piatto: si dice di un vino nel quale non si percepisce alcuna freschezza gustativa, a causa della carenza di acidità. In genere si tratta di vini vecchi o affetti da patologie, come quelle legate alla rifermentazione di alcuni acidi. E’ perciò una situazione inaccettabile.

Poco fresco: si dice di un vino in cui si percepisce una delicata sensazione di acidità, con una leggerissima salivazione. In genere si tratta di vini particolarmente maturi, nei quali rappresenta una situazione normale.

Abbastanza fresco: si dice di un vino in cui si percepisce una discreta e piacevole sensazione di acidità, che procura una buona salivazione, prerogativa ottimale di gran parte dei vini con discreta evoluzione.

Fresco: si dice di un vino in cui si percepisce una decisa sensazione di acidità, che provoca una abbondante salivazione, prerogativa importante nei vini giovani.

Acidulo: si dice di un vino in cui si avverte una forte e predominante sensazione di acidità, che procura una salivazione abbondante e fluida oltre a una leggera concentrazione gengivale. In genere si tratta di vini ottenuti da uve poco mature, oppure da vitigni che possiedono una forte acidità. Può essere una situazione tipica di pochissimi vini, come per esempio l’Asprinio di Aversa e i Vini Verdi prodotti in Portogallo. Tranne questi rarissimi casi, corrisponde a una situazione inaccettabile.

 

I tannini

Il folto gruppo di polifenoli è formato soprattutto dai tannini e dai pigmenti, che si trovano nei vinaccioli e nella buccia degli acini. Alcuni fattori come il clima e la zona di coltivazione, il terreno e il vitigno, i sistemi di vinificazione e la maturazione del vino, sono determinanti per la quantità e la qualità dei polifenoli presenti nel vino. Se i pigmenti influenzano essenzialmente il colore del vino, i tannini sono coinvolti nella determinazione della tannicità, legata a sensazioni tattili e saporifere. Senso di secchezza, rugosità e astringenza, oltre, a volte, una leggera sensazione amarognola, sono indizi inequivocabili della presenza di tannini, percettibili nei vini rossi, che si arricchiscono di queste sostanze (2-3 g/l) durante la fermentazione con macerazione. Nei vini bianchi la loro quantità è in genere trascurabile (0-50 mg/l) e impercettibile, anche se a volte un passaggio in barrique può lasciare una traccia delicata ma inconfondibile. La valutazione della sensazione legata alla presenza dei tannini viene fatta però solo per i vini rossi. Ma c’è tannino e tannino. I tannini estratti dalla buccia delle uve sono piuttosto duri e astringenti, tipici dell’irruenza giovanile di vini non sottoposti ad un’adeguata maturazione. La degustazione di un vino rosso più maturo mette invece in evidenza i tannini ceduti dal legno delle botti, più morbidi e gradevoli; e inoltre, le molecole di quelli derivanti dalle uve si sono riunite in lunghe catene in seguito a processi di polimerizzazione. Oltre alla sensazione di astringenza più o meno accentuata, i tannini contribuiscono ad arricchire la struttura del vino, rendendola piena e compatta, come quella di alcuni vini rossi robusti, tra i quali si possono ricordare l’Amarone della Valpolicella, il Sagrantino di Montefalco e l’Aglianico del Vulture. Infine, alcuni vini rossi molto strutturati e invecchiati lasciano un finale di bocca leggermente amarognolo, tipico e gradevole. L’importante è che questa nota amarognola sia composta ed equilibrata con le altre sensazioni, per non rischiare di trasformarsi in una chiusura gusto-olfattiva amara e sgradevole.

Il glossario

Molle: si dice di un vino in cui si percepisce una sensazione di fiacchezza gustativa, dovuta ad una minima presenza di tannini. In genere si tratta di vini vecchi o affetti da alterazioni. È una situazione inaccettabile.

Poco tannico: si dice di un vino in cui si percepisce una leggera sensazione di secchezza e ruvidità. In genere si tratta di vini rossi poco strutturati, anche novelli, oppure di vini rossi particolarmente invecchiati, arricchiti dai cosiddetti tannini nobili.

Abbastanza tannico: si dice di un vino in cui si percepisce una discreta e gradevole sensazione di secchezza e ruvidità. È una caratteristica comune a molti vini rossi di media e grande struttura, che possono anche avere subito un buon affinamento.

Tannico: si dice di un vino in cui si percepisce una netta sensazione di secchezza e ruvidità, prerogativa di vini rossi giovani ricchi di tannini o di altri, meno giovani, destinati ad un ulteriore periodo di affinamento.

Astringente: si dice di un vino in cui si percepisce una forte, predominante e sgradevole sensazione di rugosità e secchezza. In genere si tratta di vini con un eccessivo contenuto di tannini, tale da determinare anomalie nel gusto. È una situazione inaccettabile.

 

Le sostanze minerali

aglianico-del-vulture-x-minTra i componenti responsabili della struttura del vino si trovano alcune sostanze minerali, che intervengono a livello gustativo anche in modo più diretto, determinando la sapidità. Questa micro sensazione è legata a diversi gruppi di sostanze, come gli anioni di acidi inorganici e organici e i metalli, presenti complessivamente nel vino in quantità compresa tra 1-3 g/l. Oltre ai componenti anionici, nel vino sono presenti anche potassio, ferro, rame ed altri metalli. La presenza delle sostanze minerali nel vino è variabile in funzione di diversi fattori, quali l’ambiente pedoclimatico (zone fredde o calde, terreni salmastri a causa della vicinanza del mare ecc.), le diverse lavorazioni enologiche (concentrazione…), la conservazione e l’affinamento. Soprattutto nei vini giovani, nei quali l’acidità è forte e decisamente accentuata, la sapidità può risultare spesso un po’ mascherata dall’acidità, percepita dallo stesso tipo di papille gustative. Attualmente però molti vini giovani, anche bianchi, sono dotati di un’ottima sapidità, che contribuisce ad arricchire la struttura e a ravvivare il gusto. Durante l’evoluzione del vino, la componente acida tende in parte a trasformarsi e ad essere meno incisiva a livello gustativo. Nei vini più maturi, di conseguenza, la freschezza gustativa si percepisce in modo meno prorompente e dà maggior spazio alla sapidità, percepita con maggior chiarezza.

Il glossario

Scipito: si dice di un vino privo di qualunque sensazione minerale, gustativamente scialbo; in genere si tratta di vini ottenuti da uve scadenti e/o sottoposte a eccessive lavorazioni, oppure di vini talmente vecchi da risultare privi di ogni sapore. È una situazione inaccettabile.

Poco sapido: si dice di un vino in cui si percepisce una delicata sensazione minerale; in genere si tratta di vini poco strutturati, con una quantità ridotta di sostanze estrattive, nei quali la sapidità può anche essere mascherata dall’acidità.

Abbastanza sapido: si dice di un vino in cui si percepisce una discreta e piacevole sensazione minerale, in equilibrio con la freschezza gustativa; in genere si tratta di vini con un’adeguata quantità di sostanze estrattive.

Sapido: si dice di un vino in cui si percepisce una netta e gradevole sensazione minerale. In genere si tratta di vini nei quali viene ad attenuarsi l’azione coprente degli acidi, oppure di vini strutturati, in particolare ottenuti da uve provenienti da zone calde.

Salato: si dice di un vino in cui si percepisce una predominante e non piacevole sensazione salina. Si potrebbe trattare di vini particolari, ottenuti da uve provenienti da zone salmastre o particolarmente aridi. In tutti gli altri casi è una situazione inaccettabile.

La struttura

Alcuni vini scorrono in bocca leggeri, senza determinare alcun senso di pienezza gustativa e lasciando minime tracce; altri, al contrario, ricchi e complessi, sono quasi masticabili e lasciano lunghe sfumature gusto-olfattive. Sottoponendo il vino a un’analisi quantitativa basata sull’eliminazione dell’acqua, dell’alcol etilico e di tutte le altre componenti volatili, rimarrebbe una specie di composto pastoso formato da zuccheri, acidi fissi, polifenoli, sali minerali, glicerina, gomme, sostanze pectiche e altro ancora. Tutto questo forma l’estratto secco, dal quale dipende la struttura (o corpo) legata a tutto quanto c’è di solido nel vino. Nei vini bianchi l’estratto secco è in genere compresa tra i 16-22 g/l, mentre in quelli rossi tra il 20-30 g/l. La valutazione della consistenza, realizzata durante l’esame visivo, potrebbe aver già dato l’indicazione alla probabile struttura del vino. Infatti, più un vino mette in luce una grande consistenza, più ci si deve aspettare una struttura importante. La descrizione della struttura può essere fatta con dei termini che si riferiscono chiaramente alla costituzione del corpo umano.

Il glossario

Magro: si dice di un vino in cui si riscontra una struttura anomala e insufficiente. In genere si tratta di vini ottenuti da uve fortemente danneggiate da attacchi fungini, favoriti da insistenti piogge autunnali, oppure sottoposte a eccessive lavorazioni. È una situazione inaccettabile.

Debole: si dice di un vino in cui si riscontra una moderata struttura, dovuta alla presenza di una limitata quantità di sostanze estrattive. In genere si tratta di vini semplici e beverini, da gustare in gioventù.

Di corpo: si dice di un vino in cui si riscontra una buona struttura. In genere si tratta di vini ottenuti da uve raccolte ad un livello di maturazione ottimale, piuttosto ricchi in sostanze estrattive.

Robusto: si dice di un vino dotato di ottima struttura. In genere si tratta di grandi vini, soprattutto rossi, passiti, liquorosi o altri vini ottenuti da uve botritizzate, nei quali lo zucchero è un elemento che va ad arricchire ulteriormente la struttura.

Pesante: si dice di un vino in cui si riscontrano una struttura eccessiva e sgradevole, una tessitura grossolana e priva di equilibrio, che causano stanchezza gustativa. In genere si tratta di vini sottoposti a lavorazioni errate. È una situazione inaccettabile.

 

L’equilibrio gusto-olfattivo

bilancia-per-vino-equilibraSensazioni delicate, le morbidezze, e altre più aggressive, le durezze, formano il complesso gusto del vino. Si potrebbe quindi pensare che per poterlo valutare positivamente, le prime, più gradevoli, dovrebbero essere predominanti. In realtà non è così, perché il vino si fa apprezzare per un suo ideale equilibrio, che si percepisce nel momento in cui le morbidezze (zuccheri, alcoli e polialcoli) e le durezze (acidi, tannini, sostanze minerali) sono in adeguata contrapposizione. Le morbidezze arrotondano e rendono vellutato il gusto del vino, che deve però essere irrobustito e innervato dalle durezze. Né le prime né le seconde devono prevaricare le altre, ma creare una perfetta fusione. Nella valutazione dell’equilibrio si deve tener sempre conto della tipologia del vino che si sta degustando. Nei vini giovani, soprattutto se vivaci o frizzanti, è accettabile una leggera predominanza delle durezze sulle morbidezze, perché in genere questi sono più ricchi di acidità e, se rossi, di tannini un po’ aggressivi. Se si degusta lo spumante, un vino frizzante o vivace, l’effetto delle dell’anidride carbonica accentua ulteriormente le durezze. Al contrario, nella valutazione dell’equilibrio di un vino maturo, sia bianco sia rosso, si può accettare una leggera predominanza delle morbidezze sulle durezze, perché l’acidità si è in parte attenuata; inoltre, in quelli rossi, la componente tannica si è evoluta e ha perso ruvidità. Considerazione da tener conto quando si degustano vini passiti e liquorosi dolci, o quelli ottenuti con uve attaccate dalla muffa nobile. In questi vini lo predominanza delle morbidezze è legata alla presenza di un ricco residuo zuccherino e di una decisa componente glicerica e alcolica: nei liquorosi è l’alcol etilico a fare la parte del leone, nei muffati è la glicerina l’elemento di maggior spicco. Ma questo non significa che questi vini non possano essere equilibrati, anzi. È però importante che le componenti di acidità e sapidità di questi vini bianchi, supportate ulteriormente da quelle tanniche nei rossi, sappiano contrastare adeguatamente la spiccata morbidezza, ravvivandone il gusto.

Il glossario

Poco equilibrato: si dice di un vino in cui si riscontra una decisa sgradevole prevalenza delle sensazioni di durezza (acidi, tannini, sostanze minerali) su quelle di morbidezza (zuccheri, alcoli, polialcoli) o viceversa. E’ una situazione inaccettabile.

Abbastanza equilibrato: si dice di un vino in cui si riscontra una discreta prevalenza delle sensazioni di morbidezza su quelle di durezza o viceversa. Se prevalgono un po’ le sensazioni di durezza il vino può essere considerato in evoluzione, quindi orientato verso un potenziale miglioramento, mentre se prevalgono un po’ le morbidezze si deve temere che il vino stia peggiorando.

Equilibrato: si dice di un vino in cui si riscontra un’adeguata e piacevole proporzione tra le sensazioni di durezza e di morbidezza, compatibilmente con la tipologia di vino preso in esame.

 

L’intensità gusto-olfattiva

Quando si mette in bocca un sorso di vino e lo si fa ruotare bene, si percepisce immediatamente se l’insieme delle sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive, è deciso o delicato. L’intensità gusto-olfattiva è quindi una caratteristica legata all’impatto esercitato contemporaneamente sulle papille e sui recettori presenti sulla lingua e sulla mucosa orale da parte di tutte le sostanze responsabili del gusto del vino. Vini passiti e liquorosi, rossi sontuosi, bianchi sapidi e ricchi di componenti aromatiche, rivelano subito la loro forte impronta e il loro spessore gustativo. Al contrario, vini di ogni colore ma poco strutturati e dai contorni tenui e gentili, accarezzano il palato con discrezione e delicatezza. L’intensità gusto-olfattiva è quindi una caratteristica legata a tutto ciò che compone il vino, dagli elementi che danno struttura, all’alcol etilico e dalle sostanze aromatiche. Se si volesse rappresentare graficamente l’intensità gusto-olfattiva si potrebbe pensare a uno sviluppo verticale, corrispondente alla sommatoria di tutte le sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive, percepire contemporaneamente.

Il glossario

Carente: si dice di un vino in cui si percepiscono scarsissime sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive. In genere si tratta di vini affetti da patologie. È una situazione inaccettabile.

Poco intenso: si dice di un vino in cui si percepiscono delicate sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive. In genere si tratta di vini leggeri, poco strutturati, semplici e da bersi giovani.

Abbastanza intenso: si dice di un vino in cui si percepiscono sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive discrete. In genere si tratta di vini di media struttura e complessità.

Intenso: si dice di un vino in cui si percepiscono sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive spiccate e ben definite. In genere si tratta di vini di buona struttura e complessità.

Molto intenso: si dice di un vino in cui si percepiscono profonde sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive. In genere si tratta di vini di ottima struttura e particolarmente ricchi di sostanze estrattive.

 

La persistenza gusto-olfattiva

Degustando un vino si spesso colpiti da una piacevole intensità. Molte volte l’insieme delle due sensazioni svanisce dopo pochissimi secondi e in bocca non resta nulla. Altre volte, al contrario, quando si degusta un vino importante e ricco di gusto, dopo la deglutizione resta in bocca una lunga scia finale, nella quale si percepiscono alcune sensazioni già percepite all’olfatto o altre ancora vengono esaltate. Nel primo caso il vino evidenzia una persistenza gusto-olfattiva breve, nel secondo decisamente più lunga. Legata alla complessità e alla ricchezza del gusto del vino, all’insieme delle sensazioni che restano in bocca dopo la deglutizione, sia saporifere sia tattili, ma soprattutto gusto-olfattive, la persistenza gusto-olfattiva è spesso prerogativa dei grandi vini, anche se la sua valutazione deve essere sempre fatta considerando la tipologia di vino che si sta degustando. La persistenza aromatica intensa (PAI) o gusto-olfattiva è quindi l’insieme delle sensazioni che restano dopo la deglutizione e l’espirazione, e che sfumano più o meno lentamente; la PAI è valutata in secondi. Se si degusta un vino rosso che lascia solo una scia amarognola, legata unicamente al tannino, non lo si può valutare come dotato di una grande persistenza. E questo vale per qualunque altra singola sensazione. I vini sono assaggiati a temperature comprese tra 6-20°C, mentre nel nostro organismo la temperatura varia tra 36-37°C. È noto come ogni sostanza odorosa e aromatica abbia una propria volatilità, favorita da un aumento di temperatura. Quando il vino è deglutito, si deve trovare ha una temperatura superiore a quella di assaggio; di conseguenza alcune sostanze volatili si liberano più facilmente, colpiscono la mucosa olfattiva durante l’espirazione e sono riconosciute per la loro piacevole essenza. Se si volesse rappresentare graficamente la persistenza gusto-olfattiva, si potrebbe pensare a un suo sviluppo orizzontale, corrispondente alla durata dell’insieme delle sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive, percepite dopo la deglutizione e l’espirazione.

Il glossario

Corto: si dice di un vino è in cui si avverte una persistenza gusto-olfattiva inferiore ai 2 secondi. È una situazione inaccettabile.

Poco persistente: si dice di un vino in cui si avverte una persistenza gusto-olfattiva di 2-4 secondi. In genere si tratta di vini semplici.

Abbastanza persistente: si dice di un vino in cui si avverte una persistenza gusto-olfattiva di 4-7 secondi. In genere si tratta di vini di media struttura e complessità.

Persistente: si dice di un vino in cui si avverte una persistenza gusto-olfattiva di 7-10 secondi. In genere si tratta di vini di buona struttura e complessità.

Molto persistente: si dice di un vino in cui si avverte una persistenza gusto-olfattiva superiore ai 10 secondi. In genere si tratta di vini di buona struttura e complessità.

La qualità gusto-olfattiva

Intensità e persistenza gusto-olfattive, piacevolezza ed eleganza, finezza e tipicità, sono gli elementi che permettono di esprimere una valutazione sulla qualità gusto-olfattiva, che rappresenta la sintesi del giudizio sul gusto di un vino. Analogamente a quanto visto nella valutazione della qualità olfattiva, anche in questa fase entra in gioco la soggettività del degustatore, da intendersi come esperienza e bagaglio di ricordi di molti vini degustati negli anni. Anche in questo caso il giudizio non deve essere condizionato dai gusti personali, che potrebbero portare a sopravvalutare alcuni vini e a sottostimarne altri. Oltre ai parametri già elencati, nella valutazione della qualità gusto-olfattiva si deve tenere in particolare considerazione la gradevolezza della persistenza aromatica intensa, legata per esempio alle sensazioni fresche e citrine di alcuni vini bianchi giovani, oppure a quelle pulite, asciutte e piacevolmente amarognole di alcuni vini rossi.

Il glossario

Comune: si dice di un vino privo di qualsiasi pregio, con un gusto finale che può essere anche molto sgradevole. È sempre una situazione inaccettabile.

Poco fine: si dice di un vino di qualità gusto-olfattiva mediocre, con un gusto finale poco gradevole. In genere è una situazione inaccettabile.

Abbastanza fine: si dice di un vino di sufficiente o discreta qualità gusto-fattiva, con un buon equilibrio e un gusto finale gradevole.

Fine: si dice di un vino di qualità gusto-fattiva buona, a volte ottima, con un bell’equilibrio e un gusto finale elegante.

Eccellente: si dice di un vino di grandissima qualità gusto-olfattiva, perfettamente equilibrato e con un gusto finale ricco di personalità, classe e complessità.

Lo stato evolutivo

A volte capita, assaggiando un vino, di pensare o dire “peccato aver atteso troppo” oppure “questo vino potrebbe stare ancora in cantina per anni“. Sfumature di colore, profumo e sapore sono legate a tanti fattori, e devono essere esaminate in base alle caratteristiche di ogni vino e del suo potenziale nei confronti dell’evoluzione. La loro valutazione non può mai prescindere dalla tipologia del vino in degustazione. Alcuni vini sono semplici e beverini, da apprezzare in gioventù per le loro doti di fragranza olfattiva e di freschezza gustativa. Altri vini, con grande struttura e stoffa, evolvono nel tempo, sono da aspettare per anni e da valutare in base a parametri molto diversi. Ogni vino deve essere gustato e apprezzato nel periodo nel quale può esprimere il meglio delle sue caratteristiche. Lo stato evolutivo del vino rappresenta quindi la sua qualità in funzione dell’evoluzione. L’errore più grave sarebbe quello di farsi impressionare da un vino solo perché ha sulle spalle molti anni passati in botti e in bottiglia, perché questa non è sempre garanzia di qualità. L’evoluzione del vino può essere paragonata alle tappe della vita dell’uomo: all’inizio è immaturo, poi giovane, pronto, maturo e vecchio. Tutti i vini, seppure con modalità e tempi differenti, percorrono questa curva evolutiva: per alcuni vini si conclude nel giro di pochi mesi o uno-due anni, per altri dura molto più a lungo, fino a decenni. Durante l’evoluzione, le griglia del vino si sposta più o meno lentamente da una predominanza delle durezze a quella delle morbidezze, passando attraverso il periodo di migliore qualità. Vini bianchi, rosati o rossi, semplici e poco strutturati, sono maturi già pochi mesi dopo l’imbottigliamento, mentre soprattutto alcuni rossi, complessi, ricchi di estratto e carattere, possono diventare maturi dopo diversi anni dall’immissione in commercio, momento che può arrivare anche dopo alcuni anni passati in bottiglia nella cantina del produttore. Un’altra osservazione importante riguarda la tenuta nel tempo dei diversi vini. In genere quelli da bersi giovani esauriscono la propria maturità in pochi mesi, mentre quelli da lungo affinamento mostrano una tenuta che a volte può prolungarsi anche per molti anni, durante i quali mantengono il proprio equilibrio e perfezionano il bouquet. Ad un certo punto, però, tutti vini diventano vecchi. Il loro destino è inesorabile, e bisogna fare di tutto per apprezzarli quando possono esprimersi al meglio. È quindi inutile riempire la cantina di vini da bere entro tempi brevi, se si sa di non poterlo fare, perché il tempo rovinerà la loro freschezza. Ed è altrettanto inutile attendere troppo a lungo i vini destinati a un medio invecchiamento. Spesso impegnativi anche da un punto di vista economico, sarebbe un vero peccato perdere l’opportunità di apprezzarne l’ottima qualità.

Il glossario

Immaturo: si dice di un vino in cui si riscontrano diverse situazioni anomale, in una o più fasi dell’analisi sensoriale, in particolare nell’esame gusto-olfattivo, per una netta prevalenza delle durezze. In genere si tratta di vini che devono ultimare la maturazione e l’affinamento in cantina. In un vino in commercio è una situazione inaccettabile.

Giovane: si dice di un vino che non presenta ancora un buon equilibrio gustativo, a causa di una leggera predominanza delle durezze, ma che mette in evidenza, sia a livello olfattivo ossia gusto-olfattivo, fragranza, freschezza e potenzialità nei confronti dell’affidamento. Può trattarsi di vini da bersi giovani, quindi prossimi alla loro massima espressione, oppure di vini particolarmente strutturati, soprattutto rossi, destinati ad un’ulteriore evoluzione.

Pronto: si dice di un vino dotato di un buon equilibrio, che gli permette di essere consumato e apprezzato, ma al quale si concede ancora un margine di miglioramento.

Maturo: si dice di un vino che, indipendentemente dall’età, presenta un equilibrio e una armonia ottimali, nel quale tutte le caratteristiche organolettiche hanno raggiunto il massimo grado di apprezzamento.

Vecchio: si dice di un vino in cui si riscontrano evidenti cedimenti di una o più caratteristiche organolettiche, legate a variazioni di colore, riduzione dei profumi con eventuale comparsa di odori ossidati, appiattimento del gusto è una situazione inaccettabile. Questo termine non deve assolutamente essere confuso con invecchiato, che invece identifica un vino che abbia riposato a lungo in botte e/o in bottiglia. Un vino invecchiato a lungo può non essere vecchio, mentre un vino può essere vecchio dopo solo un paio d’anni.

L’armonia

sinfoniaxvino-armonicoL’osservazione del vino nel bicchiere, la scomposizione del suo profumo nelle diverse sfumature odorose, la scansione delle sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive la valutazione della struttura e dell’equilibrio, dell’intensità e della persistenza gusto-olfattiva, i giudizi espressi sulla qualità olfattiva e gusto-olfattiva, richiedono di essere sintetizzati in un termine che riassuma quanto di bello e convincente il vino ha saputo esprimere: l’armonia.

il primo requisito per poter valutare un vino armonico è dato dalla coerenza delle caratteristiche del vino nei diversi passaggi della degustazione, il secondo è che il vino si sia espresso ad un elevato livello qualitativo. Facciamo qualche esempio per chiarire. Un colore granato con riflessi aranciati e un’ottima consistenza fanno pensare a un vino rosso e voluto, dotato di grande struttura. Ci si può quindi aspettare una profumo intenso e complesso, ricco di molte sfumature odorose, con sentori speziati e animali, di legno e confetture, postati o dei, con riconoscimenti diversi a seconda del vitigno, del tipo di legno, del periodo di evoluzione e altro ancora. Il gusto, sempre secondo le più logiche previsioni, dovrebbe esprimersi su importanti note di morbidezza, con tannini che contribuiscono ad arricchire il corpo del vino senza alcuna asperità, per comperare un perfetto equilibrio. Se, oltre questo, il vino si esprime con classe e qualità, lo si può senza dubbio definire armonico. Perciò coerenza tra le osservazioni fatte durante l’esame visivo, olfattivo e gusto-olfattivo, e alto livello qualitativo, sono i due ingredienti che compongono l’armonia di un vino, in grado di mettere in mostra un’adeguata ed elegante proporzione tra i suoi elementi, come l’armoniosa sinfonia di orchestrali senza alcuna stonatura. Un vino bianco con colore giallo paglierino e dotato di media consistenza crea attese molto diverse. Questa tipologia di vino fa pensare a un profumo, un gusto e una struttura più semplici. Le sfumature odorose, pur fragranze gradevoli, potrebbero non essere numerose e il gusto, pure equilibrato e delicatamente strutturato, fresche piacevole, non avere grande ricchezza né importante persistenza gusto-olfattiva. Se la degustazione conferma queste caratteristiche, il vino evidenzia coerenza con la propria tipologia, ma solo ad un discreto livello qualitativo. In questo caso il vino viene definito abbastanza armonico. Se invece il vino in degustazione, di qualunque tipologia ed evoluzione, tradisce le previsioni e si esprime su un basso livello qualitativo rispetto a uno o più parametri delle tre fasi dell’analisi sensoriale, deve essere valutato poco armonico.

Il glossario

Poco armonico: si dice di un vino in cui si riscontra una netta discrepanza tra le diverse caratteristiche valutate nelle tre fasi dell’analisi sensoriale e/o un alloro basso livello qualitativo. È una situazione inaccettabile.

Abbastanza armonico: si dice di un vino in cui si riscontra una leggera discrepanza di una o più caratteristiche valutate nelle tre fasi dell’analisi sensoriale, o che si esprime su un livello qualitativo che può essere valutato dal sufficiente a buono, quindi mediamente discreto.

Armonico: si dice di un vino in cui tutte le caratteristiche valutate nelle tre fasi dell’analisi sensoriale si combinano in modo perfetto, al massimo della loro espressione qualitativa, componendo un quadro completo e armonioso. In genere si tratta di vini di ottima qualità, a volte addirittura eccellenti e in grado di regalare grandi emozioni.

 

Autore: Tommaso Aniballi

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