Le normative italiane

3 Marzo 2012

normative-vinoCosa prevedono le leggi in riguardo alla classificazione dei vini e al loro iter burocratico

In Italia, il primo passo significativo verso la tutela e la valorizzazione della produzione vitivinicola, dopo alcuni precedenti non perfettamente riusciti, è stato compiuto con la Legge 3/2/1963 n.116 intitolata “Delega al governo ad emanare norme per la tutela delle denominazioni di origine dei mosti e dei vini”.

In esecuzione di questa legge fu emanato il DPR 12/7/1963 n. 930, che nel solco tracciato dalla legislazione europea aveva classificato i vini in italiani in:

  • Vino da tavola

–  vino da tavola con Indicazione Geografica

–  vino da tavola con indicazione del vitigno e geografica

  • Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate (VQPRD)

– vini a Denominazione di Origine Controllata (DOC)

– vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG).

La produzione nazionale si è trovata ripartita, più o meno, in 50% dei vini da tavola, 45% dei vini da tavola con indicazione (geografica o geografica e di vitigno) e solo 15% di qualità.

Le intenzioni del legislatore che avevano portato al Decreto 930 erano ottime e tendevano a valorizzare la produzione più pregiata, così come avveniva in Francia, ma sono state in gran parte vanificate, forse a causa dell’allargamento delle maglie dei controlli o per l’ampiezza del contenitore. Sono state infatti classificate VQPRD molte produzioni, sia pure di una certa qualità, livellate però più verso il basso che verso l’alto, poiché si limitavano a raggiungere le caratteristiche minime previste dai disciplinari. Nella stessa classificazione alcuni vini di grande pregio potevano trovarsi accostati anche ad altri di qualità molto inferiore. Questo ha portato diversi produttori di vini eccelsi a mantenerli nella classificazione generica Vino da tavola e ad identificarli con nomi di fantasia, facendogli conoscere ed apprezzare non per la loro appartenenza a una DOC, ma per la loro indiscutibile qualità, che ha resi famosi in tutto il mondo. L’esperienza maturata e la verifica di carenze e inefficienze del Decreto 930 hanno portato alla legge 10/2/1992 n. 164, intitolata “Nuova disciplina delle denominazioni d’origine”.

 

La Legge 164/92

Nelle sue linee generali, la classificazione dei vini secondo la legge 164/92 ricalca quella precedente, ma permette una maggiore selezione basata sulla loro qualità, che consente ai migliori di emergere sulla massa, grazie ad una distinzione che arriva fino all’individuazione anche di un singolo vigneto. La legge 164/92, ampia normativa che inquadra l’intera produzione vitivinicola, nella parte generale stabilisce le classificazioni e le definizioni, sia della Denominazione di Origine, per la quale “si intende il nome geografico di una zona viticola particolarmente vocata”, sia dell’Indicazione Geografica Tipica, “per la quale si intende il nome geografico di una zona utilizzato per designare il prodotto che ne deriva”. Rispetto alla precedente DPR 930/63, che consentiva di inserire o meno, nella Denominazione di Origine, l’indicazione del vitigno, quella attuale identifica solo la zona viticola, anche se il vitigno potrà essere indicato dai produttori che lo riterranno opportuno. In sintesi, secondo questa legge, restano i Vini da tavola, non soggetti ad una normativa specifica, i Vini da tavola con Indicazione Geografica o con Indicazione Geografica e di vitigno prendono la classificazione di Vini a indicazione geografica tipica (IGT), e restano anche i Vini di qualità prodotti in regioni determinate, (VQPRD), che assumono una classificazione più selettiva. La legge 164/92 può essere riassunta graficamente in una piramide, alla base della quale si trovano i Vini da tavola, poi via via i Vini a indicazione geografica tipica, i VQPRD (DOC e DOCG) e, all’apice, di VQPRD con indicazione della Sottozona.

La classificazione dei vini è regolamentata dai disciplinari.

Per la sua attuazione, la 164/92 rinvia ad altre norme regolamentari, che dovranno essere  date con decreti ministeriali ma, per non lasciare vuoti nei quali si insinuerebbero i sofisticatori, mantiene in vigore tutte le normative del precedente DPR 930/63, sino a che non vedranno la luce quelle nuove. La legge fa seguire un elenco di sanzioni, dirette a punire ogni possibile violazione.

 

I Vini a indicazione geografica tipica

Nell’ Indicazione Geografica Tipica (IGT) è segnalato il nome della zona di produzione, che deve essere molto ampia, ed è possibile aggiungere quello del vitigno; la menzione IGT può essere sostituita dalla definizione Vin de pays per i vini prodotti in Valle d’Aosta e Landwein per quelli prodotti in Alto Adige, nel rispetto del bilinguismo riconosciuto alle due regioni. Nelle zone dei vini a Indicazione Geografica Tipica è consentita la coesistenza di vini diversi, così come di più vini VQPRD o IGT, sempre che il produttore operi la scelta vendemmiale consentita.

I disciplinari di produzione di vini IGT devono stabilire:

a. L’indicazione geografica e gli eventuali nomi dei vitigni o menzioni aggiuntive

b. La delimitazione della zona di produzione

c. L’elenco dei vitigni che concorrono alla produzione

d. Le tipologie enologiche, compreso il colore

e. La resa massima di uve per ettaro

f. Il titolo alcolometrico minimo delle uve

g. La gradazione alcolometrica minima del vino

h. La resa uva/vino

i. le pratiche correttive autorizzate.

 

I VQPRD

I vini di qualità DOC e DOCG, salendo in una catalogazione più analitica, possono distinguersi fino alla denominazione della Sottozona.

Le sottozone devono possedere “specifiche caratteristiche ambientali o tradizionalmente note, designate con specifico nome geografico o storico-geografico, anche con rilevanza amministrativa, purché espressamente previste e più rigidamente disciplinate nel disciplinare di produzione, e purché vengono associate alla relativa denominazione d’origine”.

Perciò, restringendo le aree alla ricerca di una migliore qualità e di una identificazione più selettiva del prodotto, si dovranno utilizzare i nomi geografici, storico-geografici o amministrativi, come quelli di comune, frazione, fattoria, podere, vigna, od altri del genere, mai nomi di fantasia.

Aumentando le indicazioni, diminuiscono il numero dei produttori e la quantità del vino prodotto: l’identificazione diventa più precisa, fino ad usare il nome della vigna, che contrassegna un solo vino. È naturale che salendo nella classificazione si salga di qualità, poiché non avrebbe alcun senso classificare con il nome della vigna un vino di nessun valore qualitativo, che non potrebbe superare i requisiti ed i controlli, più severi man mano che si sale. I disciplinari, autonomi e più restrittivi, consentono pure che le sottozone DOC possono essere promosse DOCG  per se stesse, separatamente o congiuntamente alla DOC principale. Nella stessa zona possono coesistere più DOCG e DOC per distinguere vini diversi, ciascuno con la propria regolamentazione disciplinare. Dopo la dicitura DOC o DOCG i produttori possono far seguire il nome dei vitigni, menzioni specifiche, riferimenti ai metodi di vinificazione e a qualificazione specifiche dei prodotti.

I vini VQPRD, suddivise nelle denominazione DOC e DOCG, si distinguono con le altre sigle:

1. VLQPRD – vini liquorosi di qualità prodotti in regioni determinate

2. VSQPRD – vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate

3. VFQPRD – vini frizzanti di qualità prodotti in regioni determinate.

I disciplinari di produzione dei vini DOC e DOCG devono stabilire:

a. La denominazione di origine

b. La delimitazione del territorio di produzione delle uve

c. La resa massima di uva e di vino per ettaro; è consentita una eccedenza massima del 20% oltre la quale tutta la produzione decade dalla classificazione e può rientrare nella classificazione inferiore, ove ne sussistano le condizioni; una produzione DOCG può quindi passare a DOC o IGT, una DOC a IGT, mentre una produzione IGT cade definitivamente nei Vini da tavola

d. Il titolo alcolometrico minimo naturale potenziale delle uve alla vendemmia, distinto per vitigno, sottozone, comune, frazione; nell’ambito di uno stesso territorio il titolo deve essere progressivamente più elevato man mano che si sale nella classificazione

e. Le caratteristiche fisico-chimiche ed organolettiche del vino, nonché il titolo alcolometrico minimo al consumo

f. Le condizioni di produzione con riguardo alle caratteristiche dell’ambiente (clima, terreno, giacitura, altitudine, esposizione), la composizione ampelografica dei vigneti, la densità degli impianti, le forme di allevamento, i sistemi di potatura, il divieto di pratiche di forzatura

g. Le modalità dell’esame chimico ed organolettico

h. L’eventuale periodo minimo di invecchiamento in legno e di affinamento in bottiglia

i. L’eventuale imbottigliamento in zone delimitate.

 

L’iter burocratico

Per il riconoscimento delle denominazione di origine e delle indicazioni geografiche, la legge prevede che la DOCG possa essere attribuita a vini di particolare pregio già riconosciuti DOC da almeno cinque anni e che la DOC e la IGT siano riservate alle produzioni corrispondenti ai requisiti dettati dai disciplinari

Un apposito catasto dei vigneti DOCG, DOC e IGT, indica le superfici vitate di ogni vigneto, con le relative planimetrie; per ogni vino a Denominazione di Origine, i terreni devono essere iscritti all’albo dei vigneti, con l’indicazione della Denominazione di Origine e della sottozona, se prevista nel disciplinare, del vitigno e delle altre tipologie disciplinate, così come per quelli a Indicazione Geografica i terreni devono essere iscritti negli appositi elenchi delle vigne destinate ai vini IGT.

All’atto della vendemmia, i produttori devono rivendicare la Denominazione di Origine o l’Indicazione Geografica, dichiarando anche la produzione delle uve destinate alla vinificazione privilegiata. Le dichiarazioni e le denunce, presentate al comune, vengono trasmesse alla competente Camera di Commercio, che inizia i controlli. Al fine di verificare la corrispondenza fra le denunce e la produzione è previsto che le regioni, annualmente:

a. determinino la produzione massima classificabile DOC o DOCG

b. accertino che la produzione totale di uve per ettaro non superi del 20%  la resa di vino massima prevista, sempre per ettaro, dal disciplinare.

L’Ispettorato Repressione Frodi deve controllare annualmente il rispetto dei limiti massimi di resa e dei titoli alcolometrici minimi naturali di ciascuna Denominazione di Origine o Indicazione Geografica.

Dopo la scelta vendemmiale può essere consentito il passaggio da un livello di classificazione ad uno meno elevato, e non il contrario; può essere effettuato il taglio dei mosti e vini DOC o DOCG con mosti e vini IGT conseguendo la perdita della Denominazione e la classificazione come vino IGT, purché il prodotto ottenuto ne abbia le caratteristiche.

La legge vieta l’uso delle uve da tavola per vinificare e stabilisce la decadenza dalla Denominazione d’Origine e Indicazione Geografica quando un vino venga tagliato all’estero con vini diversi anche se le normative estere lo consentono.

Per potersi fregiare delle indicazioni DOCG e DOC, nella fase di produzione i vini devono essere costantemente controllati e sottoposti ad esami chimico-fisici ed organolettici, affidati a commissioni composte da tecnici ed esperti super-partes; i DOCG devono passare un secondo esame nella fase di imbottigliamento. Contro la bocciatura in primo esame è consentito fare ricorso alla commissione d’appello, il cui giudizio è definitivo.

Il riconoscimento delle DOC, delle DOCG e delle IGT viene revocato:

1. quando la denominazione non venga attivata entro tre anni dall’entrata in vigore del disciplinare

2. quando per cinque anni consecutivi i vinificatori iscritti all’albo delle denominazioni non abbiano prodotto le uve, o nella zona vi sia stata scarsa utilizzazione delle denominazioni, inferiore al 35% delle superfici per le DOCG ed al 15% per le DOC

3. quando per tre anni consecutivi non siano stati rispettati i disciplinari per più della metà dei vigneti iscritti agli Albi; i vigneti iscritti, che per tre anni consecutivi non siano oggetto di denuncia di produzione, vengono automaticamente cancellati.

La legge inoltre istituisce un comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche, con le competenze consultive, propositive ed esecutive, oltre a Consorzi volontari di tutela ed a Consigli professionali per le denominazione di origine e le indicazioni geografiche.

 

Le normative comunitarie

A livello comunitario gli atti normativi principali, parificate alle nostre leggi, sono  Regolamenti, che hanno portata generale e sono obbligatorie in tutti gli Stati membri. Per tutelare la produzione e la qualità del vino, l’Unione Europea ha emanato disposizioni anche nel campo vitivinicolo, i cui cardini sono il Regolamento del Consiglio n. 1493/99 del 17/5/1999, che disciplina la produzione vitivinicola e il commercio del vino in tutta Europa, e il Regolamento N. 753/02 del 29/4/2002, che fissa le modalità di applicazione del regolamento 1493/99 per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di alcuni prodotti vitivinicoli (etichettatura).

Il Regolamento 1493/99, in particolare, prevede norme relative a:

a. produzione e controllo dello sviluppo del potenziale viticolo (verifica e classifica delle superfici vitate e delle varietà delle viti, controllo di produzione e giacenze, regole per impianti,  reimpianti ed abbandono delle superfici vitate)

b. equilibrio del mercato (aiuti al magazzinaggio, distillazione, aiuti per impieghi determinati)

c. associazione di produttori e organismi di filiera

d. pratiche e trattamenti enologici (tagli, prodotti chimici consentiti, arricchimento, aumento del titolo alcolometrico e zuccheraggio, acidificazione e disacidificazione ecc.)

e. designazione, denominazione, presentazione e protezione (protezione delle indicazioni geografiche, e etichettatura)

f. regime degli scambi con i paesi terzi, cioè extra UE (prezzi e modalità degli scambi internazionali, compreso il controllo del commercio degli zuccheri)

g. circolazione e immissione al consumo (comprese anche quelle che determinano i limiti consentiti di anidride solforosa e acidità volatile, determinazione dei vitigni atti a fornire prodotti vinosi, requisiti dei vini importati, divieto di consumo dei vini assoggettati a pratiche enologiche non ammesse ecc.).

In allegato si trovano anche l’elenco delle definizioni (per esempio: “il vino è il prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione alcolica totale o parziale di uve fresche pigiate o non, o di mosti di uva”), dei titoli alcolometrico, delle zone viticole europee, l’elenco, i limiti e le condizioni delle pratiche e dei trattamenti enologici autorizzati, la regolamentazione dei vini di qualità VQPRD e delle etichettature.

In particolare identifica i vini di qualità prodotti in regioni determinate (VQPRD) definendoli “conforme alle disposizioni del presente titolo e alle disposizioni comunitarie e nazionali adottate in materia”. Detta inoltre le basi per l’affermazione della qualità dei vini, stabilendo la delimitazione della zona di produzione, il tipo di vitigno, le pratiche colturali, i metodi di vinificazione, il titolo alcolometrico volumico minimo, il rendimento per ettaro, le analisi e la valutazione delle caratteristiche organolettiche. Inoltre stabilisce le diciture comunitarie consentite per vini liquorosi, spumanti e frizzanti, rispettivamente VLQPRD, VSQPRD, VFQPRD.

Il Regolamento 753/02 indica invece specifiche disposizioni di attuazione della disciplina della designazione, denominazione, presentazione e protezione dei vini (etichettatura). In particolare stabilisce le diciture nazionali, e per l’Italia sono DOC, DOCG e Vino Dolce Naturale (denominazione, quest’ultima, non acquisita dalla legislazione italiana) e autorizza, in deroga alle regole generali, la commercializzazione di vini identificati dalla sola denominazione della regione di origine, come Asti, Marsala e Franciacorta per l’Italia, Jerez, Xeres e Sherry per la Spagna, Champagne per la Francia, Madera e Porto per il Portogallo, che per la loro notorietà non hanno bisogno di essere contraddistinti dalle sigle.

 

Autore: Tommaso Aniballi

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