La storia di Slow Food vista da un inglese

16 Febbraio 2012

carlo-petriniQualche tempo fa, diversi giornali statunitensi riportavano una ipotetica conversazione tra un cliente di un ristorante e il cameriere. Il cliente ci teneva a sapere se il pollo che aveva ordinato era di produzione locale, visto che lui mangiava soltanto cibi locali, ed era inoltre molto interessato al tipo di alimentazione a cui era stato sottoposto. Non essendo a conoscenza di tutte le informazioni, il cameriere era andato a  consultarsi con il proprietario ed era tornato trionfante con un bel sorriso sulle labbra. Il pollo era di produzione locale, era stato allevato a terra con cure amorevoli e “si chiamava Larry”. Nella terra del fast food e dove Macdonald è il riferimento gastronomico nazionale, la storiella era un chiaro riferimento ironico alla nuova moda della riscoperta dei cibi genuini, prodotti e consumati negli stessi luoghi di produzione. La stessa storiella ci dice però molto anche su quanto si sia allargata a livello internazionale l’influenza del movimento Slow Food e come le multinazionali del cibo spazzatura comincino a sentirsi il fiato sul collo. Il giornalista e scrittore inglese Geoff Andrews, profondo conoscitore dell’Italia e della sua cultura, racconta in modo brillante e informato la nascita, la storia e il radicamento del movimento fondato da Carlo Petrini nel 1986. Slow Food, il cui nome inglese è in chiara opposizione alla filosofia del fast food, sorge in Piemonte, nel triangolo che tocca Bra, Alba e Barolo, nel cuore di una zona famosa nel mondo per un vino di altissima qualità e per un tartufo bianco che, giustamente, tutti ci invidiano. Andrews spiega come ha fatto un movimento nato localmente all’interno di una certa sinistra a crescere non solo a livello nazionale ma a radicarsi anche in realtà internazionali totalmente diverse dalla cultura alimentare occidentale. Slow Food conta oggi oltre 100.000 sostenitori in 132 Paesi, con sedi che vanno dalla Polonia al Kenia, ed è riuscito a mettere insieme gastronomi, cultori dei cibi biologici, chef professionisti, cuochi dilettanti, agricoltori della vecchia Europa e contadini del Terzo Mondo che lottano per la loro sopravvivenza.

geoffandrews

Secondo Andrews, il movimento di Carlo Petrini è riuscito ad intercettare  una esigenza profonda che percorre in modo sotterraneo l’intero mondo globalizzato, che sente un bisogno crescente di contrastare i tempi sempre più frenetici a cui ci costringe il mondo contemporaneo. Riappropriarsi della propria vita, ritrovare ritmi che ci consentono di godere dei piaceri dell’esistenza, riscoprire il gusto della socialità intorno alla tavola, assaporare profumi e sapori che avevamo dimenticato sono evidentemente esigenze comuni a molti climi e molte civiltà. Il libro riporta alcuni dati su cui è necessario riflettere. Nel 1970 gli americani spesero 6 miliardi di dollari per il fast food; nel 2001 si era arrivati a 110 miliardi, più di quanto spendono per computer e automobili nuove e questa politica è arrivata a trasformare non solo la dieta della nazione ma anche il territorio. Le conseguenze sulla salute sono oggi ben note: oltre la metà degli adulti statunitensi e il 25% dei bambini sono obesi, mentre circa 300.000 americani muoiono ogni anno a causa dell’obesità. Questo ci aiuta a capire perché, grazie a Slow Food, si stanno diffondendo anche nelle grandi città americane dei mercatini di prodotti locali dove gli agricoltori delle zone circostanti vendono direttamente ai cittadini-consumatori. Certo, una notizia del genere non colpisce molto gli italiani ma per gli Stati Uniti rappresenta una vera e propria rivoluzione. Per i Paesi africani o asiatici, invece, la riscoperta dei cibi e dei sapori locali significa riappropriarsi di una strategia per la pianificazione alimentare che sia in grado non soltanto di produrre alimenti in quantità sufficiente ma anche con certe caratteristiche qualitative, in contrapposizione alla massificazione del gusto delle multinazionali alimentari. Il libro è utile perché fornisce un resoconto oggettivo e informato, nel miglior stile del giornalismo anglo-sassone, sull’evoluzione e l’influenza di un movimento e di una filosofia che ha nuovamente valorizzato quello che è uno egli aspetti centrali della cultura italiana. Per tutti coloro che conoscono Slow Food soltanto di nome, magari immaginando che sia un’associazione di fanatici radical-chic, questa lettura può rivelarsi illuminante.

Geoff Andrews

Slow Food

Una storia tra politica e piacere

il Mulino, pagg. 222, € 15

 

Galliano Maria Speri

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