Oltre ad essere la caratteristica più evidente e immediata, il colore del vino è quella che colpisce il degustare e spesso lo conquista. Ma il colore é anche l’elemento più importante ai fini della sua valutazione visiva, perché permette di capire alcuni caratteri del vino e prevederne altri, che dovranno essere necessariamente verificati durante gli esami olfattivo e gusto-olfattivo.
Il colore è determinato dal complesso delle sostanze polifenoliche, come antociani, flavoni, leucoantociani, catechine, kampferolo, quercitine, acidi cinnamici, acidi benzoici, ecc., presenti soprattutto nella buccia degli acini. Per ottenere i vini colorati la fermentazione deve necessariamente avvenire con il contatto tra la parte liquida del mosto e quella solida, soprattutto le bucce ricche di pigmenti. La vinificazione in rosso, definita anche con macerazione, permette quindi di ottenere i vini rossi (200-500 mg/l di sostanze coloranti) e i vini rosati (20-50mg/l di sostanze coloranti), per i quali viene svolta una parziale macerazione. Oltre che alle caratteristiche delle vitigno impiegato, la concentrazione delle sostanze coloranti nel vino dipende da altri fattori che ne condizionano l’estrazione, quali la temperatura e la durata della fermentazione, la quantità di anidride solforosa utilizzata e il numero dei rimontaggi. Al contrario, eliminando le vinacce si ottengono i vini bianchi (20-25 mg/l di sostanze coloranti) anche a partire da uve a bacca nera. Nella produzione di vini bianchi dal temperamento ricco di personalità, prima della normale vinificazione in bianco si ricorre sempre più spesso a una criomacerazione del mosto e macerazione pellicolare (a contatto con le bucce), per estrarre le componenti che rendono più intensi colore, profumo e struttura. Esempi possono essere alcuni Chardonnay e di Gewürztraminer in Alto Adige, Pinot grigio e Sauvignon in Friuli Venezia Giulia, Verdicchio di Matelica nelle Marche, Greco di Tufo in Campania, Vermentino di Gallura in Sardegna, ma se ne potrebbero citare molti altri. L’esame del colore é utile anche per accertare che nel vino non siano presenti alterazioni, come la casse ossidasica e fosfatica, ferrica e proteica (ormai rarissime) che potrebbero causare le insolubilizzazioni di alcune sostanze e la formazione di precipitati colorati. La valutazione del colore è fondamentale per verificare la corrispondenza del vino con lo sua tipologia, la sua relazione con l’ambiente pedoclimatico, il vitigno, le potenzialità nei confronti dell’evoluzione. Alcuni esempi possono chiarire questi concetti. La degustazione di un Oltrepò Pavese Riesling dell’annata in corso dovrebbe evidenziare un colore giallo paglierino con riflessi verdolini: il colore conferma il carattere del vitigno, le sfumature ricordano la freschezza del vino. La degustazione di un Brunello di Montalcino di 8-10 anni dovrebbe invece proporre un colore rosso granata con riflessi aranciati; anche in questo caso la tonalità è un chiaro riferimento alla tipologia del vino, mentre le sfumature testimoniano la sua evoluzione. Un discorso un po’ particolare meritano i vini rosati. Questi vini si ottengono da uvaggi di uve a bacca bianca e nera, oppure, più frequentemente, da uve a bacca nera sottoposte a parziale macerazione. Le intensità e le tonalità dei loro colori sono quindi soprattutto il frutto di come il tecnico concepisce quel determinato vino. In un certo senso, il vino rosato è quello tecnicamente più studiato a tavolino, il più programmato rispetto a tutte le altre tipologie. Uve particolari, come il Pinot grigio e il Gewürztraminer, a piena maturazione hanno le bucce molto ricche di pigmenti color buccia di cipolla, che possono trasferire al vino questa sfumatura cromatica più o meno pronunciata, donando al vino riflessi caldi ed eleganti.
Intensità, tonalità e vivacità del colore
Il bel colore di un vino sottolinea quanto di buono è stato fatto in vigna e in cantina. Un giallo dorato, solare e lucente, può avere la stessa valenza qualitativa di un giallo paglierino percorso da vividi riflessi verdolini. Quello che conta, in entrambi i casi, è la vivacità del colore. Una tonalità cupa e sbiadita può far pensare a un vino che abbia perso le sue migliori caratteristiche, con profumi e sapori spenti che non possono più regalare alcuna soddisfazione: si deve temere che il vino sia ormai vecchio. Intensità, tonalità e vivacità sono i tre parametri sui quali si valuta il colore, senza mai perdere di vista la tipologia del vino. Alcuni vitigni come Lagrein, Syrah e Cabernet, hanno nel loro patrimonio genetico un sontuoso corredo di pigmenti che danno vini dotati di grande intensità, spessore e profondità. In altri casi le uve forniscono una materia prima più delicata e il vino risulta più tenue e trasparente, come nel caso della Schiava, del Petit rouge, del Pinot nero. Anzi, se in questi vini si notassero colore molto intensi e compatti, si potrebbe pensare a estrazioni forzate, concentrazioni spinte o aggiunta di piccole percentuali di vini più colorati. Il colore sarebbe molto bello, pieno, denso, ma il vino avrebbe minore corrispondenza con la propria tipologia.
L’intensità del colore
L’intensità del colore di un vino dipende dalla quantità di sostanze pigmentanti presenti, conseguenza di numerosi fattori, che per semplicità sono suddivisi in fattori fissi e fattori variabili. Tra i primi possiamo ricordare l’ambiente pedoclimatico e quindi la zona, la latitudine, l’esposizione, il microclima, la composizione e la struttura fisica del terreno. Per esempio, terreni ricchi di calcare e argilla tendono a dare uve più ricchi di pigmenti rispetto a quelli sabbiosi, differenze che si riflettono proporzionalmente su struttura, complessità e longevità del vino. Alcuni fattori variabili sono invece il vitigno e l’andamento stagionale delle piogge, la maturazione e lo stato di sanità delle uve, le tecniche applicate durante la vinificazione e il tempo di macerazione, la quantità di anidride solforosa impiegata, la durata della fermentazione e l’utilizzo di contenitori di legno durante la maturazione. Alcuni vitigni come il nero d’Avola, l’Ancellotta, i lambruschi, oltre ai già citati Lagrein , Cabernet e Syrah, hanno bucce molto ricche di pigmenti, e a parità di altre condizioni possono dare vini più colorati rispetto a quelli ottenuti, per esempio, da Nebbiolo, Pinot nero e Sangiovese.
La tonalità del colore
La tonalità del colore dipende dal tipo di pigmenti presenti nel vino, ma altrettanto importanti sono l’acidità, il pH e lo stato di ossidazione delle sostanze polifenoliche. Oltre a un chiaro riferimento al vitigno impiegato, la tonalità del colore fornisce la possibilità di stabilire lo stato evolutivo del vino, perché le variazioni che avvengono a carico dei principali pigmenti, nel tempo, sono numerose. Per i vini bianchi e rossi, il collegamento tra il colore e la loro evoluzione è piuttosto stretto. I vini bianchi molto giovani presentano colori che variano entro uno spettro di gialli abbastanza chiari con sfumature fredde o addirittura verdi, legate all’utilizzo di uve raccolte un po’ in anticipo rispetto alla completa maturazione, oppure a vinificazioni e brevi periodi di maturazione svolte solo in acciaio. Spesso sono vini non molto strutturati, da bersi in gioventù, per godere la loro fresca vivacità olfattiva e gustativa. L’osservazione di un vino colorato, al contrario, riconduce immediatamente a un vino più maturo. Questa tonalità più calda può essere dovuta alla raccolta delle uve in uno stadio di maturazione più avanzato, a macerazioni a freddo realizzate prima della vinificazione in bianco, a vinificazione e/o periodi di riposo in piccole botti. A questo punto si interrompe il collegamento logico tra colore ed evoluzione. Quando si trova di fronte a vini bianchi con tonalità ambrate, non si deve pensare a una loro normale maturazione, ma piuttosto ad una sovramaturazione sulla pianta dei grappoli che hanno assorbito tutto il calore del sole e all’appassimento di diversi mesi su graticci. Solo passiti e liquorosi bianchi assumono questi colori sfumati tra l’ambra e il topazio, che anticipano profumi dolci e sapori vellutati. Se il colore ambrato non è supportato da una bella vivacità, si deve temere il peggio. In questo caso il vino può esser ossidato, maderizzato, con tonalità bruno-scure che niente hanno a che vedere con la splendida luminosità dei casi precedenti. Ancora una volta viene confermato quanto detto riguardo all’importanza della bellezza del colore. All’inizio può essere una valutazione non facile, ma con un po’ di esperienza tutto diventa più semplice. Inoltre, un rapidissimo esame olfattivo può confermare in un attimo se ci si trova di fronte a un vino alterato, con un odore sgradevole e ossidato, oppure a un vino di qualità, con un profumo intenso e variegato. Anche l’analisi del colore dei vini rossi procede di pari passo e presenta situazioni analoghe a quelle viste per i vini bianchi. I vini rossi giovani presentano colori esuberanti, con tonalità rubino ravvivata da riflessi violacei, che in alcuni casi ricordano addirittura il rosa fucsia. Se è vero che il tipo di vitigno impiegato è determinante, l’evoluzione in botte e in bottiglia gioca un ruolo ancora più decisivo. Nei vini maturi il rosso rubino tende ad assumere sfumature granate, dovute alla lenta ossidazione e alla polimerizzazione dei pigmenti. Se il colore è granato con sfumature aranciate, si pensa immediatamente a vini invecchiati a lungo. Anche in questo caso si deve precisare che alcuni vitigni, come per esempio il Syrah e il Lagrein , possono mantenere tonalità rubino più a lungo di quanto sia possibile per altri. I termini utilizzati per la descrizione del colore dei vini rosati (tenue, cerasuolo e chiaretto), sono legati solo alle loro diverse intensità, che dipendono dalla durata della macerazione. Un vino rosato che nasce con un colore rosa tenue, molto delicato in bottiglia non si può trasformare in un cerasuolo (rosa più intenso), né tantomeno in un chiaretto (rosa ancora più deciso). I vini rosati non cambiano intensità di colore nel tempo, ma mantengono una accentuata vivacità di colore con decisi riflessi violacei nel primo anno di vita, ed evolvono verso quelle aranciate, perdendo freschezza, dopo circa due anni dalla produzione.
La vivacità del colore
Intensità e tonalità sono fattori importanti nella produzione del colore del vino, ma la sua vivacità è ancora più decisiva. Una colore vivido e fresco, è indice dell’ottimo stato di salute dell’uva utilizzata, delle buone tecniche di lavorazione seguite e dell’efficace conservazione alla quale il vino è stato sottoposto. Tutto questo è indipendente dalla tipologia del prodotto alla quale ci si riferisce, cioè se si tratta di un vino bianco, rosato o rosso, giovane, maturo o invecchiato. Per esempio, supponiamo di osservare il colore di due vini rossi e di descriverli con lo stesso termine: aranciato. Se la tonalità del vino appare vivace e lucente, può far pensare un grandissimo vino rosso, con alle spalle diversi anni passati in botti e bottiglia, ancora nel pieno della propria maturità. Se la tonalità aranciata appare cupa, spenta, si deve temere, anzi, è quasi una certezza, che il vino sia ossidato e abbia perso ogni pregio.
Autore: Tommaso Aniballi