Platina, un umanista in cucina

27 Settembre 2010

platina-copertina-001A tavola con la storia.

Il Rinascimento italiano sviluppò quella sintesi tra buon gusto, moderazione e cibo sapido che rimane tuttora ineguagliata poiché riuscì a raggiungere una sintesi che contemperava  l’affermazione del gusto e una serie di principi che, certamente, non si possono definire scientifici, ma che intendevano utilizzare le conoscenze del tempo per rendere la cucina non solo gustosa ma anche fonte di benessere. Già dalla fine del Trecento erano cominciati a circolare un gran numero di articolati testi dedicati  alla cucina come l’Opera utilissima di conservare la sanità di Arnaldo di Villanuova, il Compendium de naturis et proprietatibus alimentorum di Barnaba de Reatinis, le Regole della Sanità et della natura de’ cibi di Ugo Benzi, e il Libreto …de tute le cose che se manzano più conunamente e più che comune di Michele Savonarola.

L’opera che si può considerare come una summa delle conoscenze che precedono il Rinascimento è il De honesta voluptate et valetitudine di Bartolomeo Sacchi (1421-1481), più noto come Platina. Non si pensi però che il Platina fosse un cuoco di un qualche signore che per un caso curioso avesse imparato a leggere ed a scrivere. Bartolomeo Sacchi era un dotto umanista che si perfezionò nella conoscenza del greco frequentando i circoli dell’Accademia Platonica di Firenze; trasferitosi a Roma, dopo alterne vicende seguite alla morte di Papa Pio II, fu infine nominato prefetto della Biblioteca Vaticana da Sisto IV (nei musei vaticani c’è uno splendido affresco di Melozzo da Forlì che lo raffigura). Il suo ruolo centrale all’interno della rete umanistica che continuava la tradizione del Concilio di Firenze del 1437 è indicato dall’incarico, conferitogli espressamente da Sisto IV, di tenere l’elogio funebre in onore del Cardinale Bessarione (1403—1472) di cui era intimo amico.

Il libro del Platina, la cui stesura iniziò nel 1467, non è un ricettario, come lo si intenderebbe oggi, ma un trattato su come mangiare e su cosa mangiare, condito anche di informazioni scientifiche sulle norme per una corretta alimentazione e per conservare la salute. Ha quindi un approccio globale dove l’uomo viene considerato nella sua totalità di carne e spirito. Platina spiega il suo compito scrivendo che il suo lavoro è stato redatto “seguendo l’esempio di Catone, uomo di eccellente virtù, di Marrone, sommo fra i dotti, di Colummella e di Celio Apicio, non già per esortare i lettori a una vita lussuosa, ché anzi nei miei scritti ho sempre cercato di distoglierli dal vizio, bensì per giovare a un uomo costumato che desideri la buona salute e un vitto rispondente al decoro piuttosto che a quello che aspiri al lusso e allo sfarzo”. Platina prosegue poi dicendo che “anche l’autorevole magistero di sommi filosofi conferma che colui che abbia a nutrirsi razionalmente sarà considerato un benemerito della comunità non meno di colui che li abbia portati in salvo sul campo di battaglia”.

L’ispirazione immediata per il trattato del Platina è il Libro de arte coquinaria, di Maestro Martino da Como, cuoco personale del Patriarca di Aquileia. Il Platina condivise con lui esperimenti di arte culinaria condotti in un clima di familiarità e di considerazione reciproca e controllati di volta in volta sul ricettario che Maestro Martino aveva messo insieme intorno al 1450 per proprio uso e probabilmente per quanti fossero intenzionati a servirsene. Nel libro, è però visibile anche l’influenza di un famosissimo testo della “Scuola di Salerno“, che già nel IX secolo veniva definita “antica”, il Regimen Sanitatis Salernitanum. Nel Regimen vengono raccolte sotto forma di poesie, massime e proverbi, i precetti per seguire una corretta alimentazione e per mantenere la salute. La scuola medica salernitana, la prima in Europa, realizzò una collaborazione “ecumenica” tra studiosi cristiani, arabi ed ebrei e la sintesi di queste tre culture, il Regimen, rappresentò la summa delle conoscenze mediche del periodo.

Dovrebbe quindi essere chiaro che i libri di cucina rinascimentali non sono elencazioni di ricette e dei modi di realizzarle, ma veri e propri trattati filosofici che intendono tramandare il giusto approccio verso la nutrizione e la salute. Il già citato De honesta voluptate ebbe un grande impatto ed una notevole diffusione in Europa tanto che nel 1505 uscì a Lione un’edizione francese intitolata Le livre de l’honneste volupté. Anche se i francesi lo ammettono a malincuore, la cucina italiana esercitò una grande influenza su quella d’oltralpe.

 Galliano Maria Speri

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